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Sei di Bolzano se…

Sei di Bolzano se non parli tedesco e ti scordi di far parte di una provincia plurilingue. Sembra essere questo, al momento, il dato più rilevante della pagina facebook sulla quale i bolzanini stanno provando a identificare se stessi.

Ormai sta diventando una moda. Non passa giorno che su facebook, il social media più frequentato del mondo, non appaiano gruppi intitolati “Sei di x se…”. Al posto di x una città, qualsiasi. E poi giù commenti che rievocano questo o quell’aspetto urbano, il personaggio tal dei tali, il vecchio cinema scomparso, un animale dello zoo eccetera. Frammenti, coriandoli di memoria. E soprattutto il desiderio di circoscrivere (nominandola) un’appartenenza.

Ma in questo caso c’è una particolarità. Nel gruppo in questione – che ha raggiunto finora quasi seimila iscritti – mancano i tedeschi. Bolzano, capoluogo di una provincia bilingue, vista dalla pagina facebook che dovrebbe indicarne i tratti imprescindibili (perché se sei di Bolzano allora…), dimentica dunque clamorosamente la sua caratteristica peculiare e, al contrario, diventa il baluardo di un’identità parziale. Non è un caso che chi ha fondato il gruppo abbia deciso di scegliere come immagine di copertina il Monumento alla Vittoria [Aggiornamento: in seguito alla pubblicazione di questo articolo, sulla pagina si è discusso dell'opportunità di cambiare immagine, cosa che poi è stata fatta, ndr]. A questo punto non resta che aspettare. Magari qualche tedesco si sveglia e fonda un gruppo intitolato “Du bist aus Bozen, wenn…”.   

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Andrea Terrigno Mo., 03.02.2014 - 11:10

Vorweg: ich gehöre nicht zu genannter Gruppe.
Kann schon sein was im Artikel steht, andererseits ist es wahrscheinlich, dass zahlreiche unter den Leuten aus sprachlichen und kulturellen Mischehen stammen; dieser Aspekt bleibt oft unberücksichtigt. Ausserdem war und ist für mich die Zugehörigkeit kein besonders heikles Thema und ich bin sicher nicht der Einzige.

Mo., 03.02.2014 - 11:10 Permalink
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Ferruccio Cumer Mo., 03.02.2014 - 13:55

Caro Gabriele,
la tua analisi è significativa, ma un po' fuori luogo, se permetti. E' vero, pochi post in tedesco e di tedeschi, ma la gran parte sono animati da un semplice, chiaro e extrapolitico desiderio giocoso di condivisione, esplicitamente aperto a tutti. Credo che il tuo intervento da un punto di vista sociologico sia giusto, ma potrebbe ottenere solo lo scopo di seminare zizzania, magari senza intenzione. Sono d'accordo sull'immagine: basterebbe una ripresa dall'altra parte del ponte verso il Rosengarten-Catinaccio, che è il vero simbolo di Bolzamo. Però gli eccessi di serietà e di correttezza politica alle volte possono ottenere effetti controproducenti e far danno...
Ferruccio

Mo., 03.02.2014 - 13:55 Permalink
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Luca Marcon So., 09.02.2014 - 12:45

Antwort auf von Ferruccio Cumer

Tra l'altro - e proprio dal punto di vista sociologico - non va taciuto che tutti gli sforzi della classe politica sudtirolese dal '46 in poi sono stati orientati a far sì che gli altoatesini non si radicassero ad alcun titolo nel territorio: né economicamente, né soprattutto culturalmente (ricordiamo tutti - spero - il: «Je mehr wir uns trennen, desto besser verstehen wir uns»; oppure i «Gastarbeiter mit einem privilegierten Status»). Di cosa stupirsi, quindi, se l'amarcord "facebookiano" - lo riflette così chiaramente (anche qui considerando lo status di pseudo "enclave" del comune capoluogo)?

So., 09.02.2014 - 12:45 Permalink
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Erika Albiero Di., 18.02.2014 - 14:39

Quetsta frase (sei di Bolzano se....non parli tedesco) mi lascia esterefatta e anche con un pó di tristezza. Una frase che sembra gridare rifiuto non solo alla lingua tedesca ma sembra quasi all´intera fazione tedesca.
Perché? Perché nel 2014 i giovani scrivono ancora questo?
Analizziamo il sistena scolastico di Bolzano ( o se vogliamo dell´Alto Adige in generale) che é cosí ripartito : scuola italiana e scuola tedesca . Questo sistema peró
sembra creare una divisione interna giá a a partire dall´asilo !
È il sistema sociale che sembra rafforzare giá a partire dalla tenera etá questa divisione.
C´é da meravigliarsi allora se i giovani scrivono determinate frasi???
Se i giovani sono il futuro e l´unione sociale puó partire giá dalla amicizie, dalle famiglie , dalla scuola, perché non creare scuole che non possano essere denominate tedesche o italiane, ma semplicemente SCUOLE, dove vi siano insegnati 50% di madrelingua italiana e 50% tedesca ?( mi viene in mente questa soluzione ma forse ne esiste una migliore).
Ció porterebbe ( oltre a buona buona padronanza di entrambe le lingue giá in tenera etá) anche a una cittá piú unita e integrata nella due fazioni, realmente all´interno, proprio partendo dai giovani.
Sappiamo bene che lo Statuto ha creato questo sistema per proteggere la minoranza linguistica ma....proteggere CHI da COSA? Quanto vale la pena questa protezione se
crea pregiudizio, divisione , paura della sconosciuto e infine rifiuto? Lascio alla coscienza di ognuno questa riflessione....
Ognuno di noi ha solo da imparare dall´altro, e questa unione puó solo arricchire e essere solo un vantaggio per la cittá..... non solo di lingua ma anche e soprattutto a livello sociale.
Puó apparire come una utopia , ma quante utopie nella storia dell´umanitá sono poi divenute realtá !
Ogni situazione nuova ha avuto un inizio, é partita da qualche parte e mi auguro che queste parole non riamngano vuote ma piantino semi  che possano germogliare nelle mani di chi puó fare qualcosa.....affinché le dua fazioni italiana /tedesca divengano una reale risorsa ,un punto di forza e non un punto debole per la cittá di Bolzano.
E.A.

Di., 18.02.2014 - 14:39 Permalink
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Ferruccio Cumer Mi., 19.02.2014 - 12:12

Antwort auf von Erika Albiero

"Questa frase (sei di Bolzano se....non parli tedesco) mi lascia esterefatta e anche con un po' di tristezza. Una frase che sembra gridare rifiuto non solo alla lingua tedesca ma sembra quasi all´intera fazione tedesca." dice E. A.
La frase è evidentemente ironica e fortemente critica semmai verso la popolazione italiana che ancor oggi non conosce il tedesco: sembra che E. A. l'abbia fraintesa, come se essa volesse invece sostenere che il vero bolzanino, per essere tale, "non deve" parlare tedesco. Non è questo il suo senso, anzi è esattamente l'opposto. A me pare che chi l'ha scritta pensi che un vero bolzanino possa parlare la lingua che preferisce, ma dovrebbe conoscerne almeno due: l'italiano e il tedesco. Mentre in realtà, purtroppo, le cose non stanno così. Quindi nessun rifiuto dei tedeschi, anzi un rimprovero a chi non cerca di apprendere la loro lingua. La frase va intesa come se contenesse, all'inizio, un desolato e ironico "purtroppo": "purtroppo sei di Bolzano se....non parli tedesco".
Per il resto quel che dice E. A. è sacrosanto. Solo un piccolo dubbio: quale tedesco deve imparare uno per essere un vero bolzanino? Non quello di Goethe e Mann, temo...

Mi., 19.02.2014 - 12:12 Permalink
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Benno Kusstatscher Mi., 19.02.2014 - 14:22

Antwort auf von Erika Albiero

@Mensch Ärgerdichnicht: "bolzanini tedeschi DOC" ... mi fai paura! Mangerò cavoli per marenda se è quello che ci vuole per dichiarare di non far parte di nessun gruppo DOC, soppratutto se c'è gente in giro che vuole definire DOC in modo loro. Se parlo dialetto o meno è cosa mia e non di qualche origine controllato. E adesso basta con queste generalizzazzioni!
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@Ferruccio: e perchè non si sente nessun dialetto trentin nella nostra città o qualche altro italiano colorato di montagna? Sarei grato se ci fosse un dialetto italiano d'imparare, uno che sottolinea autenticità locale. Sbaglio?

Mi., 19.02.2014 - 14:22 Permalink
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Benno Kusstatscher Fr., 21.02.2014 - 09:33

Antwort auf von Erika Albiero

@Mensch ich ärgere mich nicht:
Diese leidige Diskussion hat den „na-weisch“-Aspekt ganz bestimmt auch noch gebraucht! War bestimmt ganz lustig gemeint, hat aber kaum mehr Charme als wenig reflektierte Gruppen-Identitätsfindung (meiner) Halbstarkenzeit. Ein Hofnarr verschanzt sich hinter seiner Rolle um Neues und Unbequemes straflos aussprechen zu dürfen, aber doch nicht um 30+ Jahre alte Standardfloskeln zu rehabilitieren. Karfiol am Brettl, bitte!

Fr., 21.02.2014 - 09:33 Permalink
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Erika Albiero Mi., 19.02.2014 - 15:08

Mi dispiace ma hai capito male tu, rileggi l´articolo e poi il mio commento.
Il succo comunque del mio commento va molto oltre ed é molto piú profondo di questa TUO opinione se io ho capito o meno l´articolo.
Ciao Buona giornata

Mi., 19.02.2014 - 15:08 Permalink
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Ferruccio Cumer Do., 20.02.2014 - 00:35

Antwort auf von Erika Albiero

Non mi dispiacerebbe che il tuo secondo messeggio in cui ripensandoci ammetti molto onestamente di aver proprio capito male comparisse anche qui...é assurdo litigare e poi capire che è stato solo un fraintendimento!
Ciao e grazie per il ripensamento così corretto.

Do., 20.02.2014 - 00:35 Permalink
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e d Do., 20.02.2014 - 18:07

"e perchè non si sente nessun dialetto trentin nella nostra città o qualche altro italiano colorato di montagna?".

La risposta la conosci benissimo.

"Sarei grato se ci fosse un dialetto italiano d'imparare, uno che sottolinea autenticità locale. Sbaglio?"

Sì, caro Benno, qui sbagli: a Bolzano, "il dialetto italiano da imparare", l'idioma "che sottolinea l'autenticità locale", è precisamente l'italiano che conosci già: un italiano ufficiale piuttosto povero di lessico, astratto e privo di inflessioni dialettali. Esattamente come il tedesco di Praga del principio del Novecento descritto da Klaus Wagenbach (uno dei massimi esperti di Kakfa, per intenderci): "un tedesco ufficiale piuttosto povero di lessico, astratto e privo di inflessioni dialettali".

Do., 20.02.2014 - 18:07 Permalink
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Benno Kusstatscher Do., 20.02.2014 - 19:15

Antwort auf von e d

Enrico. Molto interessante. Quello che viene in mente "privo di inflessioni dialettali" è quello che parlano a Pineta o Laives, ma capisco bene che stai parlando di qualcos' altro. Darò più attenzione in futuro. Tranne quello che credo di sentire in questa nostra città: Se leggo i post in lingua italiana qui su salto mi sembrano (in media) di essere scritti in una lingua più ricca di quelli che leggo sui siti trentini, bellunesi etc. In parte faccio più fatica a leggere i post bolzanini. È un'ampia ricchezza che personalmente mi piace molto, però è una lingua un po' più straniera per me. Certo, anche il Hochdeutsch, in fondo, è un po' straniero, se vuoi. Quindi direi che il dialogo fra dialetto tedesco e dialetto italiano è un aspetto sottovalutato in questa questione. Quella domanda un po' provocantemente chiesto da Ferruccio mi indica che il dialogo fra lingua bolzanina italiana e dialetti italiani d'intorni magari non è un dialogo vivo. Un fatto (sospetto) che si esprime nel solito "temo" come l'ha espresso Ferruccio nella sua domanda (e come lo hanno fatto moltissimi altri prima di lui). Cerco di capire. Spero che non sia provocante per nessuno quello che scrivo qui. In quel caso, scusate.

Do., 20.02.2014 - 19:15 Permalink
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Ferruccio Cumer Mo., 24.02.2014 - 13:51

Antwort auf von e d

Io sono sempre stato un difensore dei dialetti, di tutti i dialetti: uno dei libri più interessanti che ho letto è "Libera nos a Malo", di Meneghello,
che parla della sua cittadina veneta, Malo, in cui il dialetto varia addirittura, con sottili sfumature, da quartiere a quartiere. Bello, no?
Il dialetto arricchisce di colore ed efficacia la lingua, e andrebbe tutelato (l'astrattezza e povertà dell'italiano dei bolzanini deriva proprio dalla mancanza di un retroterra dialettale, forse). Ma oggi le cose in questo senso stanno cambiando, qui in Südtirol come altrove, e il dialetto sta sopraffacendo la lingua, perché la parlata orale non si conforma più a quella scritta (in lingua italiana o in Hochdeutsch) e per un buon numero di persone diventa l'unico modo di esprimersi; mentre un tempo, all'uscita dalla scuole elementari, un bambino che sapeva parlare il dialetto aveva sentito e letto tanta "lingua" che ormai la padroneggiava a sufficienza.
In un articolo di qualche mese fa Hans Drumbl mostrava grande preoccupazione per il decadere della lingua tedesca in Alto Adige: non sono in grado di confermare il suo giudizio per il tedesco, ma so che all'italiano succede la stessa cosa. Prima che la situazione si incancrenisca occorre muoversi per consentire a tutti di esprimersi nella lingua in cui si scrivono libri, manuali, giornali, che si parla negli uffici, con il medico, con un amico di un'altra regione ecc.
Quanto al fatto però che l'unico dialetto, o meglio gli unici dialetti altoatesini, quelli tedeschi (un dialetto italiano non esiste, caso mai una lingua con qualche innesto veneto-trentino) ostacolino la comunicazione fra i due gruppi linguistici, la cosa è palese: i ragazzi italiani imparano a scuola l'Hochdeutsch, che non è l'idioma locale, e quindi stentano a spenderlo con i sudtirolesi tedeschi, abituati a parlare uno dei tanti dialetti; i ragazzi tedeschi hanno almeno il vantaggio di imparare, a scuola, la "lingua" italiana, e cioè la stessa che, più o meno correttamente, parlano tutti i sudtirolesi italiani.
Un piccolo aneddoto (vero). Due amici, un italiano e un tedesco di Bolzano, erano in viaqggio in Calabria, e fra loro era nata una piccola discussione proprio sull'uso del dialetto da parte dei tedeschi che, secondo l'italiano, rendeva difficoltosa la comunicazione fra i due gruppi etnici. L'amico tedesco era fieramente contrario a questa teoria, e la discussione andava avanti da un bel po'. A questo punto l'italiano pregò il tedesco di entrare da solo in un negozio (erano in un paesetto) ad acquistare alcuni oggetti di cui avevano bisogno. Dopo qualche minuto il tedesco uscì dal negozio affranto e alfine persuaso che il dialetto era un bell'ostacolo, in certi casi, per la comunicazione: aveva avuto enormi difficoltà, pur parlando perfettamente l'italiano, a farsi capire dal negoziante, che parlava calabrese, e a capirlo.
Parlare il dialetto tedesco, nel Südtirol, sarebbe ed è tuttavia più importante del possesso del patentino A; quando i miei figli, che frequentano anche molti amici tedeschi, hanno cominciato a capire il dialetto e a parlarlo, ne sono stato veramente felice sul piano umano e ideale, e più tranquillo per i loro futuro, visto che non intendevano abbandonare per nessun motivo l'Alto Adige. Quando poi mio figlio ha imparato a giocare a Watten e ha iniziato ad essere invitato alle partite con gli amici, ho accolto la notizia con autentica gioia.
Però resto sempre dell'opinione che se i tedeschi imparassero la "lingua" italiana e gli italiani la "lingua" tedesca comunicare sarebbe più facile e semplice. Anche perchè il dialetto si impara dal contatto costante con i concittadini tedeschi, cosa che non riesce a tutti, per i più vari motivi e ostacoli, magari del tutto casuali e involontari, ma a volte insuperabili.
Un scuola in cui convivessero e studiassero e giocassero bambini dei due (ora sono molti di più, a dire il vero) gruppi linguistici risolverebbe tutti questi problemi. Fra il resto, noi bolzanini abbiamo forse un QI più basso dei Gardenesi o dei Badioti? Se non è così, come credo e spero, perché loro hanno diritto a una scuola trilingue e noi nemmeno, finora, a una modestamente bilingue?

Mo., 24.02.2014 - 13:51 Permalink
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e d Do., 20.02.2014 - 23:12

A wos, Benno! Wos du schreibsch isch oanfach anregend: occorre però capire che l'italiano di Bolzano, almeno per gli altoatesini di seconda generazione come me, è "autenticamente locale" proprio nella misura in cui è privo di coloriture dialettali: è una lingua minima e sradicata, un italiano ineccepibile per impiegati di sesto livello (categoria alla quale sono onorato di appartenere) ma da considerarsi "locale" almeno quanto le radicatissime varianti dialettali del tedesco sudtirolese (tra le quali giganteggia, come negarlo? la ramificazione pusterese).

Do., 20.02.2014 - 23:12 Permalink
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Luca Marcon Fr., 21.02.2014 - 08:06

Antwort auf von e d

Concordo sul sesto - e soprattutto sulla lingua minima e sradicata - , ma certo non sull'ineccepibile. L'italiano bolzanino si sta sempre più riempiendo di "tedeschismi". Ad esempio, nell'ordine degli elementi di una struttura sintattica: avanza ormai a gomitate l'uso di anteporre l'aggettivo al sostantivo (tanto per fare un esempio). Ma a ben vedere, è anche questo - ovvero il suo imbruttimento ad opera di una contaminazione - un elemento di singolarità che la rende "autenticamente locale". O sbaglio?

Fr., 21.02.2014 - 08:06 Permalink
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Benno Kusstatscher Fr., 21.02.2014 - 09:37

Antwort auf von e d

Non mi pareva minima. Proprio no. Un po’ sradicata invece si. È proprio questo che volevo sottolineare indicando che il dialogo con dialetti italiani delle zone vicine no mi sembra molto vivo. Non è la mia giudicare se ineccepibile. Ma Luca, esprimere „autenticamente locale“ ci vuole un po‘ d’orgoglio. Senza, che sia?

Fr., 21.02.2014 - 09:37 Permalink
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e d So., 23.02.2014 - 14:51

Antwort auf von e d

"Orgoglio?" = per l'italiano di qui non provo né orgoglio né vergogna. Esattamente come non potrei provare orgoglio o vergogna per i miei polmoni o per il mio intestino tenue. Posso semplicemente dire che nel corso degli anni ho imparato ad amare questa lingua esangue, parlata onestamente da una bocca strana, con il labbro superiore di un colonizzatore e quello inferiore di un Gastarbeiter.

So., 23.02.2014 - 14:51 Permalink
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e d So., 23.02.2014 - 14:55

Antwort auf von e d

Molto interessante è poi l'idea di “lingua sradicata”, una polla narrativa dalla quale potrebbero sgorgare mille variazioni.

Butto là un esempio personale: con i miei luoghi (Bressanone) e la mia lingua ho un rapporto familiare, ma tra i miei luoghi e la mia lingua non c'è familiarità. Non so bene di cosa si tratti, ma potrebbe essere lo spunto per un racconto surrealista: un bimbo (io) vive con i propri genitori (i suoi luoghi e la sua lingua). Il bimbo li ama e il suo amore è ricambiato. I due genitori, però, pur avendo un figlio in comune e vivendo sotto lo stesso tetto, non si conoscono: è anzi appurato che i due non si sono mai accorti l'uno dell'altra.
Il fatto che l'italiano sia per me una madrelingua straniera dipende forse da questo.

So., 23.02.2014 - 14:55 Permalink
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e d So., 23.02.2014 - 14:48

Ineccepibile = "un italiano ineccepibile PER impiegati di sesto livello (categoria alla quale sono onorato di appartenere)".

Lingua minima = priva di innesti dialettali e dunque di aderenza "fisica" ai luoghi.

“Lingua minima”, però, anche in un altro senso. Da qualche tempo, per lavoro, ho la fortuna di trascorrere diverse ore al giorno con un collega napoletano. Le nostre parole si incrociano continuamente, riempiono lo stesso ufficio; ma mentre la sua lingua poggia su una base dialettale larga e sanguigna, la mia è sostenuta da un vuoto, riposa su una mancanza dialettale. Con una conseguenza: il mio italiano è identico al suo, meno sessanta chili di grasso, sangue, muscoli e tendini. La sua è una lingua fisica, la mia astratta. La sua lingua è viva, la mia è morta. Lui parla una lingua variopinta e grassa, io parlo la stessa lingua, ma monocroma e ridotta a puro scheletro. La nostra conversazione, tra le altre cose, è anche il dialogo tra un obeso e una carcassa bene organizzata.

So., 23.02.2014 - 14:48 Permalink