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Società | Avvenne domani

La rivolta e la violenza

Vittime illustri nel giugno 1968. A Bolzano intanto un "Ponte" si allarga.

Passa alla storia come l'anno della grande rivolta, della rivoluzione quasi, ma se, ad oscurare ogni altra reminiscenza storica non vi fossero le giornate del maggio francese, il 1968 potrebbe, quasi egualmente, essere ricordato come l'anno degli omicidi illustri, tentati o compiuti che fossero.

Si salvò, ad esempio, Alfred Willi Rudi Dutschke, meglio conosciuto come Rudi il rosso, leader riconosciuto del movimento studentesco nella Repubblica Federale Tedesca, preso a pistolettate, nell'aprile, da un imbianchino neonazista. Non aveva avuto scampo, invece, pochi giorni prima, il reverendo Martin Luther King, freddato da un killer proveniente dalla stessa fogna politica e manovrato abilmente da occulti mandanti.

La tragica catena si prolunga anche nel mese di giugno. Il sangue chiama sangue. Il mese è appena iniziato quando una donna in precarie condizioni psichiche fa irruzione nella Factory newyorchese dell'artista Andy Warhol e lo ferisce gravemente. All'origine del gesto una sorta di perversione dell'ideologia femminista, ma è difficile capirci qualcosa. Warhol sopravviverà alle gravissime ferite e andrà a morire, qualche anno più tardi, sotto i ferri del chirurgo durante una banale operazione alla cistifellea. Passano appena due giorni e, il 5 giugno, altri colpi di pistola scuotono l'America e il mondo. Nelle cucine di un albergo di Los Angeles un immigrato palestinese colpisce per tre volte Bob Kennedy, reduce da un comizio durante la travolgente campagna elettorale per le presidenziali americane. Il fratello minore di John, ucciso a Dallas cinque anni prima, viene portato in ospedale in condizioni disperate. Muore nel giro di poche ore. Anche in questo caso l'attentato sembra avere dei risvolti oscuri e dei mandanti occulti che non verranno mai alla luce.

Giugno di sangue sparso sui fili di vicende che si intrecciano nella cronaca quotidiana. In Spagna, nei Paesi Baschi i terroristi dell'ETA, il 7 giugno, uccidono un poliziotto. In primo di una lunghissima serie di che si protrarrà ben oltre la caduta della dittatura franchista. Un lago di sangue che arriverà a lambire le cronache dei giorni nostri, prima che sopravvenga una difficile e controversa pacificazione. In Italia i fautori dell'autoritarismo tutti i costi guardano con invidia all'esempio che viene dalla Francia, dove, per un attimo, il carisma di Charles de Gaulle sembra aver domato la rivolta. Continuano comunque le manifestazioni studentesche, Roma come a Parigi e fa scandalo, in Italia, l'invettiva sotto forma di poesia che Pier Paolo Pasolini indirizza agli studenti contestatori, schierandosi dalla parte dei poliziotti "figli di poveri". I cortei studenteschi si mischiano ormai sempre più frequentemente con quelli degli operai che chiedono con toni sempre più duri una radicale revisione delle politiche salariali. È l'anticipo, prima di una breve e cruenta pausa estiva, del famoso autunno caldo. A cercare di cavalcare la tigre viene chiamato in Francia Georges Pompidou, mentre a Roma, nella fase postelettorale, i partiti non sanno produrre di meglio che l'ennesimo monocolore balneare guidato da Giovanni Leone. A Praga i nuovi dirigenti comunisti aboliscono la censura e pare decollare, per un attimo una stagione nuova e diversa.

A Bolzano si discute su questioni di meno vitale importanza. Desta scandalo la proiezione di un film tedesco, "Helga", che mostra immagini abbastanza veritiere di quel che avviene in una sala parto. Il giornale Alto Adige approfitta del cambio della guardia ai vertici del Provveditorato agli studi per attaccare con estrema durezza il titolare uscente, accusato di aver sacrificato la scuola italiana per favorire quella tedesca, lasciata libera di organizzarsi in assoluta autonomia. Le polemiche politiche rincorrono anche un altro mutamento di vertice. Il Sindaco di Bolzano Giorgio Pasquali si è dimesso. Il posto è riservato ovviamente ad un altro democristiano. Alla fine la spunta Giancarlo Bolognini, appartenente alla corrente di sinistra guidata da Alcide Berloffa e a parecchi la cosa, ovviamente, non garba. L'inquietudine del mondo studentesco pare, almeno in superficie, essersi placata. È tempo di esami di scrutini e i giornali pubblicano, come era d'uso prima dell'era della privacy, nomi e cognomi dei promossi. Per un paio di universitari bolzanini ci sono tuttavia problemi giudiziari. Sono indagati, si pensi, solo per aver fischiato, durante un comizio a Firenze, il politico che stava parlando dal palco.

Sotto traccia, tuttavia, qualcosa si muove. Il mensile Die Brücke, gestito da un gruppo di giovani tra cui spicca la figura di Alexander Langer, esce con un numero doppio che, per la prima volta, riporta articoli anche in lingua italiana. È una piccola rivoluzione copernicana, perché rappresenta il tentativo di creare un territorio di confronto e di dialogo tra i gruppi diversi, in una stagione contrassegnata, in Alto Adige, da furibonde polemiche e scontri etnici che non risparmiano certamente il mondo dell'informazione.

Sul numero di giugno/luglio compaiono così un articolo di Gianni Lanzinger sui meccanismi elettorali è una lunga intervista al gallerista Ennio Casciaro.

Si discute a lungo, nella sinistra italiana, per una frase scritta dal leader comunista Giorgio Amendola che parla di "rigurgiti di infantilismo estremista" per definire le manifestazioni studentesche. A parziale correzione arriva l'intervento autorevole del segretario del PCI Luigi Longo che invece definisce il movimento come "un momento è un aspetto della lotta del movimento anticapitalistici di cui deve essere apprezzato rapporto che può dare e l'autonomia di organizzazione e di iniziativa". È un tentativo di mantenere l'egemonia del partito su un fenomeno che invece è sfuggito ormai ad ogni possibilità di controllo. I comunisti italiani, nel giro di qualche settimana, avranno, con gli avvenimenti di Praga una gatta da pelare ben più grossa è pericolosa.