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Politica | Avvenne domani

Langer e il maggio francese

Cinquant'anni fa la rivolta e la restaurazione

Nel contemplare, cinquant'anni dopo, la cronologia di quel maggio del 1968, vien da pensare che non ci fossero strade vuote e deserte in quei giorni. Il primo giorno del mese, festa del lavoro, più di quattrocentomila persone manifestano, a Praga, per dare loro sostegno alla politica di apertura democratica incarnata da Dubček e Svoboda. Contemporaneamente scendono in piazza i giovani spagnoli, contro la dittatura franchista che li bastona brutalmente. In Germania si manifesta contro le leggi eccezionali approvate per domare la contestazione ed a Memphis, nel Tennessee, inizia una marcia dei poveri per i diritti civili, indetta da Martin Luther King prima di essere assassinato. Le strade più rosse, tuttavia, sono quelle di Parigi, di una Francia dove storicamente le rivolte rischiano di diventare rivoluzioni e gli assalti al palazzo di provocare cambiamenti epocali di regime.

Il "Maggio francese" diventa un capitolo di storia, simbolo quasi di tutto quello che avviene in quell'anno fatale. Le barricate e gli scontri, il vacillare pauroso di un regime che pareva essersi consolidato sotto il paternalistico autoritarismo del Generale Charles de Gaulle. L'incendio divampa. Ovunque, in Europa e nel mondo, i potenti tremano perché sanno che, dai tempi di Robespierre, l' esempio francese può dilagare e divenire quanto mai contagioso.

Il mese terminerà nel segno di una moderata restaurazione. Sfruttando sino all'ultima goccia il suo carisma personale, de Gaulle riuscirà ad incarnare i timori di una Francia profonda, timorosa di essere sprofondata dai rivoltosi in un'avventura di cui non coglie le prospettive ultime. Le barricate verranno rimosse, ma nulla, evidentemente, sarà più come prima, nel Quartiere Latino come altrove.

In Francia si combatte e in Italia si vota. Il 20 maggio, mentre il filosofo Jean Paul Sartre intervista per l'autorevole Le Nouvel Observateur il giovane leader della rivolta, Daniel Cohn Bendit, esprimendo per la prima volta il concetto de "l'immaginazione al potere", a Roma si aprono le urne e si fanno i conti. La Dc sfiora il 40 per cento dei consensi e mantiene sostanzialmente le posizioni. Cresce, ma di poco, il Partito Comunista. Si rivela un autentico fallimento la riunificazione delle due parti in cui il PSI si era diviso ai tempi della guerra fredda.

La campagna elettorale è stato abbastanza accesa anche in Alto Adige, dove naturalmente si è discusso più che altro del famoso "Pacchetto" che il governo italiano dovrebbe consegnare prima o poi nelle mani della Suedtiroler Volkspartei ma che ancora stenta a prender forma. È il grande cambiamento auspicato da alcuni e temuto da molti, soprattutto nel gruppo italiano. La resistenza è forte e qualche segno si vede anche in ciò che esce dalle urne. A pochissimi giorni dalle elezioni il quotidiano Alto Adige, che, nel corso degli anni, non ha mai smesso di contrastare nel modo più rigoroso il progetto della nuova autonomia provinciale e i suoi istituti fondamentali, proporzionale etnica in primo luogo, pubblica un durissimo attacco personale al candidato democristiano che è considerato pedina fondamentale nel processo d'intesa con i rappresentanti sudtirolesi: Alcide Berloffa. "E allora parliamo di Berloffa" è il titolo eloquente dell'articolo e nel sommario si rincara la dose: "Non siamo i soli - dice il giornale -a non essere d'accordo con lui: nel suo stesso partito tira aria di fronda". Una constatazione che rappresenta al contempo un auspicio. E l'auspicio, immancabilmente, si avvera.

Nella lista della Dc per la Camera Berloffa non riesce, pur ottenendo oltre 20 mila voti, a conquistare uno dei quattro seggi ottenuti dallo Scudo Crociato e che vanno tutti a rappresentanti del Trentino. Resta quindi fuori dal Parlamento il politico altoatesino che è stato forse il più vicino di tutti gli altri ad Aldo Moro nella fase delle trattative con la SVP e con Vienna. Il segnale è netto e inequivocabile: la politica del "Pacchetto" lascia dietro di sé una scia di amarezze e di scontento, a Trento come a Bolzano, e Berloffa sta diventando il comodo bersaglio di tutti questi malumori.

Per il resto le elezioni del 18 maggio 1968 non procurano grandi brividi. La Dc e la SVP continuano a far la parte del leone, spartendosi all'incirca il 70 per cento dei voti. Fra i democristiani di Trento il leader incontrastato è ancora Flaminio Piccoli, mentre a Bolzano, nelle liste della Stella Alpina vengono eletti alcuni dei personaggi che, con ruoli e destini diversi, daranno vita, di lì a qualche mese, alla decisiva battaglia sulla legge costituzionale da cui nascerà il nuovo Statuto di autonomia. Ci sono i fautori del "Pacchetto" come Roland Riz, Karl Mitterdorfer e Friedl Volgger e coloro che invece ne saranno i più fieri avversari come Peter Brugger e Hans Dietl.

Qualcosa però, in Alto Adige, si muove anche al di fuori della politica ufficiale. Dopo le agitazioni di aprile gli studenti continuano a farsi sentire, anche se in maniera meno clamorosa. Quella in cui si muovono, d'altronde, è una società molto diversa da quella che conosciamo oggi. Si pensi, per fare un esempio minimo, che il 3 maggio 1968 il giornale Alto Adige giudica degna di interesse la notizia della celebrazione, a Bolzano, di un matrimonio con rito civile. Nel capoluogo altoatesino, precisa l'articolista, se ne tengono non più di una quindicina l'anno.

In quei giorni dalla tarda primavera del 1968 si colgono, a voler legger bene, anche i segni di qualcosa che accadrà parecchi anni più tardi. Sul numero di aprile del mensile Die Brücke, a pagina cinque, Alexander Langer affronta, in un lungo articolo dal titolo " IN FERNEN SCHAU' ICH AUS" e dal sottotitolo, altrettanto significativo " zur neuen Linken in Süditrol", il tema fondamentale del posizionamento politico delle forze alternative al sistema di potere altoatesina che si vanno organizzando in provincia. L'analisi è lucida e dettagliata e le conclusioni inequivocabili. Occorre, secondo Langer, dare una voce unitaria a tutte quelle forze che si pongono fuori dal sistema di potere SVP-DC ma che non si possono riconoscere nell'opposizione della sinistra tradizionale. È una scelta di campo ideologica che anticipa di ben dieci anni la nascita di quel movimento che avrà il suo battesimo elettorale nelle regionali del 1978. Il cammino da percorrere, in quel turbolento maggio del 68, appare ancora lungo e a tratti tortuoso, ma la meta è già definita con chiarezza.