Politica | CasaPound

La responsabilità della testuggine

Impegno sociale, violenza solo per difendersi e sensibilità musicale. Maurizio Puglisi Ghizzi spiega le dimissioni di Davide Brancaglion.

Davide Brancaglion, il militante di CasaPound accusato per reiterati fatti di violenza (l'ultimo dei quali, risalente allo scorso 16 luglio, denunciato dalla vittima anche mediante un video pubblicato in rete), si è dimesso dal suo ruolo di consigliere di circoscrizione nel quartiere Don Bosco. I giornali ne hanno dato la notizia solo qualche giorno fa, ma a quanto pare la decisione era già stata formalizzata a Ferragosto. Ce lo conferma Maurizio Puglisi Ghizzi, ex candidato sindaco del movimento fascista (attribuzione politica sempre rivendicata con fierezza, ancorché non declinata in senso nostalgico bensì prospettico) e attualmente, dopo l'exploit elettorale, presente in Consiglio comunale insieme a Sandro Trigolo e Andrea Bonazza. Abbiamo chiesto a Puglisi Ghizzi di chiarirci le motivazioni delle dimissioni e se ciò potrebbe essere interpretato anche come un chiaro ripudio, da parte del movimento della "testuggine", di ogni forma di violenza in ambito politico.

Salto.bz: Puglisi Ghizzi, perché la notizia delle dimissioni di Brancaglion è uscita solo adesso?
Puglisi Ghizzi
: Non lo so. Come le ho già detto, la decisione del nostro militante era già stata presa da tempo ed esiste una lettera che lo può testimoniare. Comunque ci tengo a puntualizzare un altro aspetto. Brancaglion ha agito in assoluta autonomia, non siamo stati noi a convincerlo.

Ciò significa che il movimento non si dissocia dagli atti compiuti da Brancaglion? Non gli avete esplicitamente richiesto di riconsiderare la propria posizione in base a quanto emerso dalla documentazione relativa alle violenze? Esiste un video che parla chiaro...
Guardi, noi abbiamo sostenuto la ricandidatura di Brancaglion e per quanto riguarda le accuse, in assenza di una condanna definitiva, tendiamo ovviamente a dargli fiducia. Del resto, visto che ha citato quel video, la verità non appare così univoca come si vorrebbe far credere.

In che senso?
Se il video non fosse stato pubblicato, paradossalmente, la posizione di Brancaglion adesso sarebbe più scivolosa. Ma da quello che si vede si percepisce un confronto che, anche se poi ha avuto l'esito noto, potrebbe essere inserito in un contesto di provocazioni reciproche, poi degenerate. Insomma, non possiamo escludere che si sia trattato di una reazione.

Farebbe molta differenza?
Direi proprio di sì. Nel nostro movimento valgono regole chiare. Non siamo affatto orientati a perseguire aggressioni immotivate, come ritengono coloro i quali nutrono nei nostri confronti pregiudizi a sfondo ideologico. Però, è ovvio, se ci aggrediscono o ci provocano reagiamo.

Siete vittime di numerose provocazioni? Magari tutte scatenate da suonerie di cellulari?
No, esistono episodi ben più gravi. Quando recentemente abbiamo organizzato una conferenza per ricordare il centenario della morte di Cesare Battisti, per esempio, il relatore che avevamo invitato [l'avvocato Paolo Mitolo, ndr], una volta trovatosi isolato prima di rincasare, è stato circondato da un gruppo di persone di altro orientamento politico, diciamo così, e aggredito verbalmente. Si tratta di un episodio sintomatico. Ma anche in occasione del corteo “democratico”, organizzato in risposta ai fatti che hanno coinvolto Brancaglion, si levarono minacce piuttosto esplicite al nostro indirizzo. Intendo minacce del tipo “veniamo a bruciarvi”.

Esistono però moltissimi casi di aggressioni targate CasaPound, vuol dire che ogni volta si è trattato di provocazioni alle quali i vostri militanti non potevano non reagire? Sempre e solo vittime?
Che io sappia non esistono condanne definitive che certifichino una tendenza deliberatamente violenta del nostro movimento.

Ma insomma, allora perché Brancaglion si è dimesso? Se ha solo risposto a una provocazione, se voi gli date fiducia, non avrebbe fatto meglio ad aspettare di essere giudicato in tribunale?
Si è dimesso soprattutto perché la pressione mediatica stava avendo effetti negativi sull'immagine del nostro movimento. Diciamo che si è trattato di un gesto di sensibilità nei nostri confronti.

Solo effetti negativi? Non le sembra che la coltivazione di un profilo antagonista sia un fattore di successo, tale da garantire sempre più affiliati al movimento, soprattutto tra chi bazzica contesti nei quali la violenza è all'ordine del giorno?
I nostri successi sono frutto del lavoro che svolgiamo sul territorio, sono una risposta positiva al nostro intendere la politica come impegno quotidiano, rivolto al sostegno della nostra gente. E' il riconoscimento di questo impegno che ci fa crescere.

Quindi lei ci conferma che l'asprezza del confronto ideologico, del quale siete indubbiamente protagonisti, è qualcosa che esclude in modo categorico il ricorso alla violenza, salvo in occasione di esplicite provocazioni, ancorché in molti casi assai futili?
Mi pare di averle già risposto. Ma per quanto riguarda l'asprezza del confronto ideologico, come l'ha definito lei, mi piacerebbe ricordarle una cosa.

Prego.
Quando il sindaco Renzo Caramaschi, prima di formare la sua giunta, invitò tutte le forze politiche a parlare con lui, siamo stati quelli che hanno trascorso più tempo nel suo ufficio. Quasi due ore, per la precisione, e gli argomenti toccati spaziarono dalle questioni tecnico-amministrative, cioè relative all'esame dei rispettivi punti programmatici, ai più svariati aspetti culturali. Parlammo per esempio anche di letteratura, di Céline, e persino dei nostri gusti musicali.

Sul serio? E di quali tendenze musicali, di quali musicisti avete parlato?
Di Richard Wagner [ride]. Come vede, se le circostanze lo richiedono non abbiamo difficoltà ad assumere un atteggiamento molto responsabile.