Cultura | Riscoperte

Primo Levi, scrittore dell'abisso

Marco Belpoliti ha presentato a Bolzano la sua opera monumentale su Primo Levi, evidenziandone la statura di scrittore poliedrico.

Ieri (16 ottobre), a Bolzano, presso la sala Academy in via Cassa di Risparmio, Marco Belpoliti ha presentato la sua imponente opera dedicata a Primo Levi. Si è trattato in realtà di una vera e propria lectio magistralis, tesa a mettere in evidenza gli aspetti poliedrici dell'opera di Levi e, soprattutto, a chiarire un punto essenziale: chi finora ha considerato questo autore "solo" un testimone (della Shoah) non ha capito che l'altezza della sua testimonianza dipende, più che dall'ovvio riferimento ai fatti narrati, dalla qualità della scrittura. Perché Levi - ha sottolineato Belpoliti - è in primo luogo un grande scrittore.

All'inizio Belpoliti ha ricordato le difficoltà a far pubblicare Se questo è un uomo. "Nel 1947 le persone volevano dimenticare la guerra e i suoi orrori, quindi non c'era ancora la sensibilità per occuparsi in modo approfondito di vicende che avevano al centro proprio la manifestazione più esplicita di quegli orrori". Esistevano poi difficoltà di altra natura, inerenti cioè lo stile proprio di Levi, ed è riflettendo su questo aspetto che Belpoliti è riuscito a spiegare come la cultura italiana egemone nell'immediato dopoguerra (impersonificata da personaggio come Cesare Pavese o Natalia Ginzburg) non possedesse il "filtro giusto" per avvistare il contenuto autenticamente letterario dell'opera di Levi. Un'opera dunque da riscoprire nella sua interezza e nella sua complessità.

Primo Levi di fronte e di profilo intende esplicitamente superare un simile ritardo e la relativa incomprensione che continua a connettersi alla ricezione del grande scrittore torinese. La riscoperta si estende così alla prosa d'ispirazione scientifica, ma anche a quei contributi ingiustamente definiti "minori", che ci mostrano uno scrittore straordinariamente consapevole dei propri mezzi espressivi e d'interessi vastissimi. Da ultimo, Belpoliti si è soffermato sulla centrale nozione di "zona grigia", presente nel capolavoro I sommersi e i salvati. "Lo sguardo che Levi ha rivolto al fenomeno del male era uno sguardo da etologo - ha detto Belpoliti citando la conoscenza che Levi aveva delle opere di Konrad Lorenz - e per molti versi si tratta di un approccio persino più abissale di quello utilizzato da Hannah Arendt nel suo celebre libro su Eichmann". Tra l'universo dei carnefici e quello delle vittime esiste una vasta zona intermedia fatta di gesti, anche minimi e "non responsabili", che riproducono in chiave sociale il cieco istinto alla sopravvivenza. I crimini più efferati spesso si nutrono (o sfruttano) un simile istinto, pervertendo il carattere dell'uomo così come i nazisti sono riusciti a pervertire l'animo degli appartenenti ai reparti speciali (si trattava perlopiù di ebrei) adibiti allo "smaltimento" dei cadaveri nei lager.

Il libro di Belpoliti non rappresenta soltanto la monografia più esaustiva comparsa finora sull'autore di Se questo è un uomo. Si tratta di un'opera imprescindibile per comprendere i meccanismi di selezione dell'industria culturale e l'essenza di problematiche quanto mai attuali