Vacche al pascolo
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Società | Vorausgespuckt

Io non so

Piccola ricetta per riacquistare serenità al margine degli infuocati dibattiti.

Qualche giorno fa, a Bolzano per presentare il suo ultimo libro sulla scuola, sollecitato da una domanda del pubblico, Claudio Giunta ha parlato di Pasolini, del suo celebre articolo apparso il 14 novembre del 1974 sul Corriere della Sera col titolo “Che cos'è questo golpe?” (e raccolto poi negli “Scritti corsari”come “Il romanzo delle stragi”). L'articolo è celebre perché si apre con tutta una serie di “Io so”. Io, cioè Pasolini, scrive Pasolini, so tutta una serie di cose a proposito delle stragi, degli attentati, dei misfatti occorsi in Italia negli ultimi anni. Io so – dice Pasolini – ma non ho le prove e neppure gli indizi. E allora, uno potrebbe chiedersi, ma come faceva a saperlo? La risposta - per Giunta poco convincente, e secondo me assai deludente - suona: «Io so perché sono un intellettuale, uno scrittore, che cerca di seguire tutto ciò che succede, di conoscere tutto ciò che non si sa o che si tace; che coordina fatti anche lontani, che mette insieme pezzi disorganizzati e frammentari di un intero coerente quadro politico, che ristabilisce la logica là dove sembrano regnare l'arbitrarietà, la follia, il mistero». Sembra il manifesto del perfetto complottista.

Loro sanno e per questo si accapigliano e si scagliano addosso invettive crudelissime

Facendo le debite proporzioni (una cosa che si può sapere con sufficiente sicurezza, per esempio), io – che non sono Pasolini, anche se potrei reputarmi un intellettuale, uno che cerca di seguire tutto quello che succede eccetera – non mi sognerei mai di dire che “so”. Anzi, a me pare che più leggo, più raccolgo informazioni e, come si suol dire, più seguo gli infuocati dibattiti, tanto meno mi pare di sapere. Prendiamo la faccenda (ormai quasi biennale) della Pandemia. Il vento delle notizie che ci sferza rende possibile un ventaglio di opinioni quanto mai diversificate (alla faccia di chi parla di “pensiero unico”). Si trova davvero di tutto. Ci sono quelli che considerano ciò che è accaduto e sta ancora accadendo come una terribile pestilenza, un flagello divino (o, se sono atei, un flagello secolarizzato). E poi ci sono quelli che pensano che abbiamo a che fare con una “normale influenza”, che mettono la “faccina che ride” sotto gli articoli in cui si pubblicano i dati dei contagiati e persino quelli dei morti (in loro, semmai, il tono apocalittico rinasce quando citano l'ultimo j'accuse di Giorgio Agamben e con lui parlano di “dittatura sanitaria”). Tutta questa gente, gli apocalittici da un lato, quelli che ridono dall'altro e poi si affidano all'apocalisse di Agamben, tutta questa gente si comporta esattamente come Pasolini: loro sanno e per questo si accapigliano e si scagliano addosso invettive crudelissime. Vorrei dire “beati loro”, che sono così sapienti, ma tanto beati non mi paiono. Il mio “non so” (umile o forse addirittura presuntuoso, fate voi) si muove così nei pochissimi interstizi lasciati liberi, come farebbe il malcapitato durante una lite nella quale volano bicchieri e posate, restando accucciato sotto al tavolo.

Però, in tutto questo non sapere, ci sarà pure una cosa che so?

Se dico però che “non so”, non sto affermando né che “non vorrei sapere” né che “è impossibile sapere”. Vorrei sapere, certo, anche se non so esattamente il modo con il quale questo sapere sarebbe ottenibile, ma proprio per questo lo cerco, questo modo, e mi rivolgo a chi ritengo ne sappia più di me. Però, in tutto questo non sapere, ci sarà pure una cosa che so (a parte la vaga imitazione socratica dalla quale comunque mi tengo prudentemente lontano sia per deficienza dialettica che, almeno spero, soprattutto per epilogo biografico)? Beh, qualcosa che so forse c'è, e per esprimerlo (scusate se vi apparirà un escamotage) non trovo di meglio che citare la risposta data da un eremita al maestro Tozan e al suo amico mentre stavano attraversando una montagna cinese: «La mia vita – disse loro l'eremita – è cambiata da quando ho visto due vacche: lottavano accanitamente tra loro, poi sono entrate nel mare, scomparendo per sempre. La mia vita, ora, è molto serena».