Società | Commento

Il caso di “Eva” nelle veste di “Hina”

Mi chiedo, se ritornassimo indietro di cento anni or sono , siamo convinti di non trovare la società italiana cristiana tendenzialmente maschilista ?
Avvertenza: Questo contributo rispecchia l’opinione personale dell’autore e non necessariamente quella della redazione di SALTO.

     All'inizio, il caso di “Hina”, oppure di “Eva” , (per includere tutte le donne vittime di violenza), la ragazza di origine marocchina, bolzanina di adozione, che tra altro rischia di rimanere in Marocco contro la sua volontà, non mi ha incuriosito più di tanto. Non ha suscitato alcun sentimento di disgusto diverso da quello causato da altri casi di violenza domestica, mascherata da sfaccettature multiple , religiose e no, di sotto culture e anti-culture, di aspetti tribali , orientali, cristiani ed europei. Tutti sono stati casi di violenza pura. In effetti sorprende come la tragedia di una giovane donna, che conduce una vita, un po' fuori luogo per la sua comunità, ma definita (pare ) un esempio mancato di una ideale integrazione , viene descritta da certi media. Di questi per fortuna non fa parte un articolo, secondo me molto utile, sul “Corriere dell'alto Adige” di Silvia Fabbi, in cui, tramite una intervista a Angmiat Fallaha, medico siriano all'ospedale San Maurizio di Bolzano, si cerca di capire il caso particolare secondo il punto di vista religioso . Il medico esclude che si tratti di questo e invece conferma che “ le società arabe a maggioranza musulmana tendono a essere maschiliste”.  Mi chiedo, se ritornassimo indietro di cento anni , siamo convinti di non trovare la società italiana cristiana tendenzialmente maschilista ?

  Una altro aspetto curioso del caso Hina/Eva, è il fatto che pare quasi impossibile offrirle supporto. Mi hanno raccontato che non accetta di parlare con nessuno , lasciando come unico rappresentante una persona , decisione che secondo me deve essere rispetta senza ulteriori commenti. Ai tanti è parso strano che colui che la rappresenta, non ha niente a che vedere né con l’ambito famigliare, nè con la comunità marocchina. Evidentemente, diversamente da come si pensa, la ragazza non è straniera, non si sente rappresentata dalla comunità marocchina e ancor meno dalla comunità musulmana. In fondo perché dovrebbe? Al di la dell'immagine folcloristico delle comunità in cui le dinamiche alle volte sono complicate , le seconde generazioni possono scegliere nella società la posizione più adatta alle loro esigenze e alle loro ispirazioni. Possono provare di cambiare o avventurarsi in diverse culture.  

   Può darsi che la ragazza ha scelto l'Italia come paese del cuore,e il modo di vivere italiano , indipendentemente da dove è nata e in quale famiglia è stata cresciuta. Ma perchè allora , una ragazza di 21 anni, simile a tante ragazze della sua età, con tutte le problematiche adolescenziali e con delle esperienze patriarcali e violente ,deve essere trattata come una straniera, aggiungendo alla violenza infinitamente condannabile , l'aggravante religiosa ? Perchè ad un padre violento vengono attribuiti come aggravanti l'essere: “ musulmano,molto credente, e praticante” ?   Chi lo “certificherebbe” e definirebbe l'autenticità di fede di una persona in particolare?

  Automaticamente, e in modo manipolatorio, la ragazza, viene buttata in un campo di battaglia tra diversi protagonisti che si accusano a vicenda. In tanti ,ahimè anche se il nome non è stato reso noto pubblicamente , sono stati spinti a curiosare sulla sua sulla pagina fb , dove , in cerca di brividi, hanno trovato una ragazza piu che normale. Una adolescente con i suoi problemi , una bellissima ragazza, con dei post più che libertini, per certi versi forse anche banali . Come tanti giovani d'oggi ben vestita o ben svestita. Insomma all’apparenza una ragazza maledettamente indipendente. Il caso classico di una donna di ventun anni che il padre vuole dominare, anche ,ovviamente, con dei pretesti religiosi. Qualcuno della comunità mi ha fatto capire, che se la causa fosse stato solo la religione cieca del padre la ragazza sarebbe stata spedita in Marocco una decina di anni fa, e anche là , visto che il Marocco è pieno di donne libere che vivono come vogliono, avrebbe cercato di chiuderla in qualche comunità lontano dal resto del Marocco. Una signora marocchina mi conferma, che “in Marocco la legge non prevede il test di verginità. La pratica o consuetudine del test di verginità è solo una pratica  tradizionale, che dipende dalle famiglie. Ci sono famiglie tradizionali, di solito quelle di ceto basso a livello culturale, che pretendo il test, ed altre a cui non interessa, perché lo ritengo un fatto privato della coppia...” Poi aggiunge : “Il Marocco non è un paese che tollera l´uccisione per nessuna ragione. In Marocco ci sono molte associazioni che lavorano su queste problematiche.”

  Per le stesse ragioni è parsa inutile anche l'animarsi in questa vicenda della comunità musulmana chiamata in causa e intrappolata in una situazione di cui non è per niente responsabile, o almeno non più di quanto sarebbero responsabili le comunità cristiane dei maltrattamenti nelle famiglie (ritenute) cristiane.

Ma un caso di violenza abominevole in una famiglia qualsiasi autoctona , non attira particolarmente l'attenzione del lettore medio. Il bel viso della ragazza,la sua bellezza senza alcun velo, il suo  vivere da italiana , hanno bisogno di quel tocco tribale, per rendere questa storia orrenda e diversa dalle violenze europee. Se la descrizione di chi scrive viene influenzata dall’ antipatia verso le altre religioni, la predisposizione ad andare in cerca di notizie negative verso popolazioni musulmane, la storia diventa ancora più manipolatoria. Quello che rattrista è che la ragazza , nonostante sia in Italia da oltre quindici anni , non ha passaporto italiano. Se è vero che si trova segregata in Marocco, lo stato italiano non può fare niente, non la riconosce come sua cittadina, come non riconosce come italiani tanti di questi giovani della seconda generazione che si trovano sospesi, tra uno stato e l'altro. Tra due culture e due comunità diverse.

Pretendere e puntare il dito solo  verso le comunità e verso le religioni in un paese laico e democratico senza riflettere a lungo sulle particolarità di ogni caso, è veramente ingenuo se non provocatorio. Oltre al padre violento, oltre alla religione come scusa ,oltre una comunità con diverse dinamiche interne  e oltre all’assenza di chi avrebbe dovuto intervenire le violenze subite da anni,( la scuola non si è mai accorta di niente?), segregata in Marocco la ragazza non si può muovere ,e rischierebbe la vita. Sarebbe stato tutto più facile se solo avesse la cittadinanza italiana

  A questo punto mi sento di chiedere una cortesia, di esprimere un desiderio. Che ne ditte se la stessa magia che anni fa in Alto Adige fece diventare italiana in un paio di mesi per motivi elettorali la svedese Maria Mawe ( candidata SVP) , venisse praticata a favore di una donna sfortunata italiana di origine marocchina , che altrimenti potrebbe essere uccisa ? Muoversi o non muoversi, questo è il (vero) dilemma …

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Massimo Mollica Gio, 09/01/2016 - 14:29

Come sempre un bellissimo articolo che fa riflettere e pone dei quesiti su temi profondi. Il problema sta alla base. Vi è un impoverimento culturale che spaventa. Predomina alla grande una cultura alla Facebook, ovvero quella di un Bar multimediale 2.0 online aperto 24 ore su 24 dove ognuno "rutta" il proprio pensiero senza usare la logica. Cosa si può fare per combattere tutto questo? Niente, se non appunto usare la logica, scrivere articoli come questo e non smettere di provare emozioni col cuore.

Gio, 09/01/2016 - 14:29 Collegamento permanente
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Andreas Melchiori Lun, 09/12/2016 - 11:18

bell'articolo, come sempre, grazie!
anche se di primo acchito mi verrebbe da spedire in Marocco il padre.... tanto per rendere pan per focaccia, chiaramente non aiuterebbe la ragazza, ma forse farebbe riflettere il resto della famiglia, che se d'accordo con il padre, potrebbero accompagnarlo in Marocco e rimanerci tutti, altrimenti dovrebbero essere i primi a ribellarsi contro un padre-padrone e sarebbero sicuramente sostenute(i) da delle associazioni che si occupano proprio di casi del genere.
Certamente la ragazza, come molti altri giovani delle seconde generazioni (e ci siamo battuti insieme per lo Ius Soli) potrebbe avere la cittadinanza italiana, ma non cambierebbe un granché, perché comunque avrebbe anche quella marocchina, e sarebbe sempre una cittadina (anche) marocchina e mai 100% italiana, purtroppo!

Lun, 09/12/2016 - 11:18 Collegamento permanente