Politik | Governo

“Non mi ricandido”

A Roma “per le Autonomie non cambia nulla”, sostiene il sottosegretario (uscente) Gianclaudio Bressa, alla sua ultima legislatura. Ma la data del voto resta un'incognita.

Salto.bz: Onorevole Bressa, verrà riconfermato come Sottosegretario agli Affari regionali, è una cosa certa?
Gianclaudio Bressa: No, non c'è nulla di certo. Credo che la decisione non ci sarà prima di lunedì. Oggi (ieri, ndr) c'era il Consiglio dei ministri e non mi risulta la nomina di sottosegretari, poi il Presidente del Consiglio andrà due giorni a Bruxelles per il Consiglio europeo. Non ci sono elementi di previsione né in un senso né a favore dell'altro.

Nelle consultazioni, i parlamentari della SVP hanno chiesto, o meglio ribadito, come questioni urgenti da affrontare nel prosieguo di questa legislatura la concessione dell'Autobrennero e la riforma della legge elettorale con il mantenimento dei collegi uninominali in Trentino-Alto Adige. Tutto secondo copione per le Autonomie?
La Volkspartei non ha fatto altro che chiedere che il governo Gentiloni continui su quello che aveva fatto il governo Renzi, non ci sono richieste nuove , sono questioni già in corso di attuazione. Rispetto alle Autonomie questo passaggio non cambia niente: Gentiloni ha fatto un governo che è in continuità con quello precedente, e per quanto riguarda le questioni dell'Autonomia non vi sono elementi aggiuntivi nelle richieste della SVP, bensì provvedimenti già in fase di definizione.

Ma la data del voto potrà incidere su questi provvedimenti?
Sulla legge elettorale i meccanismi messi in discussione dalla sentenza della Corte costituzionale non riguardano direttamente il pezzo di legge elettorale del Trentino-Alto Adige, è chiaro che se non dovesse esserci più il doppio turno (ovvero il ballottaggio dell'Italicum, ndr) e il modello per il Trentino-Alto Adige prevedeva anch'esso il doppio turno, anche questo cambierà per l'Alto Adige. Ma l'impianto regionale questo è e tale rimane: otto collegi uninominali e tre seggi attribuiti, se si dovesse andare verso un modello proporzionale, in forma proporzionale. Dal punto di vista del sistema, non cambierà nulla perché non è stato oggetto di alcun rilievo da parte della Corte. Tornando alle altre questioni: i parlamentari sudtirolesi hanno chiesto di portare la norma di attuazione sugli uffici giudiziari che era già pronta ad andare in Consiglio dei ministri pure col governo Renzi, non era andata all'ultimo Consiglio solo perché varata all'ultimo momento. Tutti i pareri sono stati acquisiti e quella è una norma conclusa. Sull'Autobrennero le trattative stanno andando avanti, la norma era contenuta nella legge di stabilità dell'anno scorso.

E la bocciatura della riforma costituzionale potrebbe avere conseguenze sul processo di revisione dello Statuto d'Autonomia? In altre parole: il “no” inciderà sui lavori della Convenzione e della Consulta?
Assolutamente no, questo non c'entra nulla. Sono processi promossi dai due Consigli provinciali.

Però nel contesto della riforma costituzionale...
La riforma aveva un "di più": prevedeva per la prima volta l'istituto dell'intesa, che era un elemento di maggiore garanzia, ma non essendo passata la riforma noi stiamo ragionando con il testo costituzionale vigente, così come è da 70 anni. Quindi non cambia nulla. Se Convenzione e Consulta avranno successo, questo dipende dai lavori di questi organi. Sono assolutamente indipendenti da altre variabili. E francamente non so dire a che punto siano i lavori né dell'una né dell'altra, perché non li ho seguiti direttamente, quindi non sono in grado di dare una previsione non avendo elementi di giudizio – questo perché sono io a non averli, non perché non vi siano.

Francamente non so dire a che punto siano i lavori della Convenzione e della Consulta per l'Autonomia, perché non li ho seguiti direttamente

Ah, non perché non siano poi così tangibili.
Immagino abbiano lavorato... io non ne ho conoscenza. Se ne parla con chi sta all'interno degli organi sarà più preciso di me. Ma le cose non hanno alcun nesso di causalità l'una con l'altra. E comunque la riforma degli statuti è sempre una legge costituzionale, quindi deve avere o un'iniziativa dall'assemblea legislativa locale, o una iniziativa legislativa statale, ma in ogni caso è sempre il Parlamento poi che la vota.

In campagna elettorale, nel fronte del “no”, qualcuno ricordava il famigerato (e fallito) “tavolo Bressa” che metteva nero su bianco – in assenza di un'intesa tra le parti – una “commissione paritetica di convergenza” tra Parlamento e Province autonome che approvasse all'unanimità le modifiche statutarie.
Queste sono tutte stupidaggini. Avevo proposto a tutte le autonomie speciali due questioni: in primis quella di costituzionalizzare le norme di attuazione, che attualmente non sono previste da nessuna norma costituzionale, perché questo poteva diventare uno strumento di attuazione e integrazione dello Statuto molto efficace. Quindi si trattava di dare copertura costituzionale a un qualcosa che in qualche modo in alcune autonomie speciali sta già avvenendo – in alcune avviene e in altre no a seconda del livello di attivismo delle commissioni paritetiche. In secondo luogo, avevo fatto notare un buco nel sistema: non c'è nessuna procedura particolare per la revisione degli Statuti. Trattandosi di una legge costituzionale come le altre, il Parlamento in qualsiasi momento può decidere di cancellarle. L'unica realtà che si sottrae a questo pericolo è il Trentino-Alto Adige, perché c'è un accordo internazionale che la copre, le altre quattro regioni sono scoperte e non hanno alcuna ipotesi di salvaguardia.

Quale soluzione proponeva?
Ho suggerito la possibilità (che ritengo ancora ragionevole) di introdurre in maniera formale il sistema pattizio, poi previsto nella riforma costituzionale bocciata dal voto, ovvero che per cambiare lo Statuto – fermo restando che la parola fine ce l'ha sempre il Parlamento perché non puoi espropriarlo della funzione di revisione costituzionale – vi fosse una procedura la quale vedesse come protagonisti su un piano di parità le assemblee legislative locali e il Parlamento. Ma questo non ha nulla a che vedere con la riforma in quanto tale.

Quindi permane ancora questo problema?
Certo.

Tornando al nuovo governo e all'eventualità di elezioni anticipate: in Trentino si vocifera di un Ugo Rossi in procinto di lasciare Trento per Roma... La data del voto può incidere su molte cose. Quando si andrà alle urne?
Il governo non si è ancora insediato definitivamente (la fiducia del Senato è arrivata nel pomeriggio di ieri, 14 dicembre, ndr). Mi sembra un'avventura immaginare di chiederci quanto durerà, e io non ho preferenze particolari in merito. Sostengo che un governo, quando s'insedia, stia in carica sino a quando ha la maggioranza del Parlamento, perché bisogna sempre ragionare avendo in mente quali sono i termini costituzionali. È del tutto evidente che la missione principale, ma non l'unica, di questo governo è di fare la legge elettorale e io dico che sarebbe opportuno che noi riuscissimo a presentare un'ipotesi di legge elettorale prima della pronuncia della Corte costituzionale.

Mi sembra un'avventura immaginare di chiederci quanto durerà il governo Gentiloni

Ovvero già entro gennaio.
Sono considerazioni squisitamente personali. Dopodiché questo governo ha una serie di altri appuntamenti, anche internazionali e nient'affatto banali, che vedono l'Italia in un ruolo protagonista: il G7, i 60 anni del Trattato di Roma... un governo in carica è sicuramente più rappresentativo di uno che sta gestendo le elezioni, per cui posso immaginare che quantomeno tutti questi appuntamenti internazionali debbano essere coperti da un governo. Come giustamente ha detto il Presidente Gentiloni nel suo intervento alla Camera: il governo vive sino a quando il Parlamento gli conferisce la fiducia.

I collegi uninominali del Mattarellum per il Trentino-Sudtirolo, diceva, e per l'Italia ritorno al proporzionale?
Di idee ne ho tante, perché mi occupo di leggi elettorali da tempo. Valutando le dichiarazioni dei partiti, immagino ci si debba orientare verso un meccanismo proporzionale. Le leggi elettorali proporzionali possono essere pure oppure prevedere dei correttivi o dei premi di governabilità come in molti paesi europei. Si tratta di capire se si vuole fare una cosa che fotografa esattamente quella che è la rappresentanza politica oppure, pur con uno strumento proporzionale, ci sia anche la possibilità di individuare delle forme che possano favorire la governabilità. L'altra soluzione, che sarebbe la più semplice perché è già tutto pronto, è quella di ripristinare del tutto il Mattarellum, però bisogna vedere il livello di accordo su questa ipotesi.

Anche lei è convinto che il Mattarellum fosse una buona legge elettorale?
Io l'ho sempre detto, che fosse una buona legge, perché aveva trovato un punto di equilibrio nel rapporto tra collegi e liste, ovvero nel rapporto diretto tra eletto ed elettore nonché la rappresentatività delle forze politiche.

Matteo Renzi però ha insistito su un modello molto diverso.
Non esiste la legge elettorale perfetta, le leggi elettorali non a caso sono leggi normali non in Costituzione, sono espressione del momento in cui il Parlamento le fa, avendo in mente un'ipotesi. L'Italicum a mio modo di vedere è una buona legge, aveva tutti gli ingredienti per garantire la rappresentanza e la governabilità. Aveva una cosa molto saggia, a mio modo di vedere, patrimonio di molte democrazie europee, ovvero il doppio turno. La determinazione del premio di maggioranza era frutto di una seconda scelta degli elettori, quindi poteva funzionare. Dopodiché la sentenza della Corte costituzionale ha aperto alcune falle, e queste falle devono essere corrette. Secondo me è più facile intervenire sul testo dell'Italicum modificandone alcune parti.

Lei non si ricandiderà più, sbaglio? Anche Zeller e Palermo non si ripresentano. Il Sudtirolo perderà i suoi più abili ambasciatori a Roma?
Sulla mia ricandidatura non sbaglia. Appartengo a un partito, il PD, che ha delle regole; ho già avuto una deroga per candidarmi. Nessuno è insostituibile, come la storia parlamentare ha dimostrato. Persone che sono capaci di rappresentare al massimo livello l'Alto Adige a Roma ce ne sono tante. Certamente, in Parlamento ho lavorato in maniera molto positiva con i colleghi sudtirolesi: per me è un lavoro che dura almeno dal 2001, anche nella legislatura 1996-2001 dove ero già al governo più o meno con le medesime funzioni di adesso, fu una collaborazione proficua. Penso di poter dire che abbia portato a risultati molto positivi per l'Alto Adige.