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Quanta paura fanno le intellettuali

A qualcuno non piace che un’intellettuale possa avere un’opinione personale, che la possa esprimere poi (anche in tono provocatorio), è un vero e proprio oltraggio.
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Foto: Haymon
Di recente su salto.bz è uscita un’intervista doppia (in tedesco) di Maxi Obexer e Sabine Gruber sui quarant’anni di Saav, l’Unione Autrici Autori del Sudtirolo, in cui le due affermate scrittrici sudtirolesi, residenti una in Germania e l’altra in Austria, ripercorrono la storia dell’associazione dagli esordi all’orientamento attuale. Inevitabilmente i quarant’anni di Saav si inseriscono nell’evoluzione politico-sociale degli ultimi decenni, e l’aumentata partecipazione femminile alla vita pubblica e artistica si riflette nelle considerazioni delle due autrici.
Obexer, al tempo presidente della Saav, a un certo punto si chiede cosa ci avessero trovato ad esempio in N.C. Kaser, affermando che le poche poesie che ha scritto non hanno certamente rappresentato un’influenza letteraria per la sua formazione. Un’opinione personale di un’intellettuale.
A qualcuno, però, non piace che un’intellettuale possa avere un’opinione personale, che la possa esprimere poi (magari anche in tono provocatorio), è un vero e proprio oltraggio.
È così che, qualche tempo dopo, compare sulla Tageszeitung un articoletto di Heinrich Schwazer. Un dialogo a distanza? L’avvio di un dibattito? No: diffamazione allo stato puro.
Prendendo a pretesto il comunicato ufficiale della Saav con cui si comunicavano appunto le dimissioni di Obexer dalla presidenza, Schwazer lo riporta parola per parola, ma utilizzando il discorso indiretto, prendendone così le distanze, mettendone in dubbio la veridicità. Ora: cosa c’è di più ufficiale di un comunicato ufficiale? È come se, guardando la pagina dedicata al signor Schwazer sul sito di Edition Raetia, anziché riportare quello che c’è scritto si scrivesse: Sarebbe nato nel 1959, avrebbe studiato germanistica e filosofia, sarebbe giornalista, avrebbe pubblicato due libri. Un ovvio espediente per mettere in dubbio l’operato di Obexer in maniera da poter sferrare l’attacco che segue nel resto dell’articoletto.
 
 
 
 
Ma il vero scandalo è il titolo: in primo piano c’è una foto grande di Maxi Obexer e, sopra, il titolo: “Erledigt”, seguito dal sommario “Maxi Obexer ist als Vorsitzende der SAAV zurückgetreten”. Dove “Maxi Obexer” e “zurückgetreten” sono evidenziati in grassetto.  Quell’“Erledigt” ti pone a un bivio: parla di lei o della presidenza? Intende “Finita” o “È finita”, “Spacciata” o “La faccenda è chiusa”? Anche “zurückgetreten” presenta una doppia accezione tra “dare le dimissioni” e “passare in secondo piano, perdere importanza”. Se la testata fosse più importante, è evidente che partirebbe una denuncia per diffamazione. Ma una testata più importante non avrebbe ammesso la pubblicazione di un articolo di questo genere.
Obexer, lo ricordo, è un’intellettuale impegnata, di sinistra, che ha ricevuto numerosi premi letterari per le sue opere teatrali ed è stata finalista al Bachmann Preis (premio prestigioso nel mondo letterario tedesco) per il romanzo Europas längster Sommer che, anche nella traduzione italiana (La prima estate dell’Europa, Edizioni alphabeta Verlag), ha ricevuto ottime recensioni (tra l’altro sulla stampa nazionale, Corriere della Sera, ecc.). A parte la breve presidenza di Maria Brunner nel 1984-85, è stata anche la prima donna a restare in carica come presidente della Saav per diversi anni. Si può presumere si sia meritata una certa credibilità e che una sua presa di posizione, per quanto divergente dalle proprie, meriti qualcosa in più che di essere liquidata con livore?
Evidentemente no.
Qui non mi pare sia molto diverso: un uomo più vecchio di mezza generazione (o giù di lì) deve spiegare a una scrittrice di successo quello che, secondo lui, non sa.
In un bell’articolo comparso di recente su Internazionale, Rebecca Solnit racconta come, a un party ad Aspen, Colorado, il ricco padrone di casa, più vecchio di lei, le si fosse rivolto chiedendole con sufficienza di cosa parlassero quel “paio di libri” che aveva scritto. Solnit gli spiegò l’argomento del suo ultimo libro, ma lui la interruppe e con tono paternalistico si mise a parlarle di un libro sull’argomento che, quello sì, era importante: quando Solnit capì che il libro di cui parlava era il suo, dovette ripeterlo alcune volte perché l’uomo lo potesse accettare, e naturalmente venne fuori che non lo aveva nemmeno letto. Un tipico caso di mansplaining.
 
 
 
Qui non mi pare sia molto diverso: un uomo più vecchio di mezza generazione (o giù di lì) deve spiegare a una scrittrice di successo quello che, secondo lui, non sa. E anziché aprire un dibattito intellettuale – poiché non ritiene che l’autrice (pur affermata) che ha lanciato la provocazione meriti attenzione – ricorre a mezzucci stilistici per metterla a tacere, anzi no, decretarne la fine. Eppure, direi che Obexer ha un profilo intellettuale piuttosto interessante. Non avrebbe potuto essere stimolante un confronto? Forse è proprio il confronto che fa paura. Così si ricorre agli stratagemmi che si hanno a disposizione: la possibilità di pubblicare su un giornale, la forza di una logica in realtà inesistente poiché fondata su premesse sbagliate (quel discorso indiretto!) e la presunzione paternalistica di rispondere a un’opinione con una tesi, tesi che però non viene sostenuta da argomenti, ma lanciata con il disprezzo dell’ironia. La stessa (presunta) ironia con cui nel titolo si dà per finita una carriera.
Davvero, nel 2021, un’intellettuale di successo fa tanta paura nel piccolo Alto Adige? A ben vedere bisognerebbe andare fieri di attirare tanta acrimonia. Quanto ci vorrà, però, perché si possa riconoscere una scrittrice affermata come interlocutrice valida e sfidarla sul piano intellettuale senza dover ricorrere ai vecchi mezzucci?