Politik | Il commento

Wolfgang, tra noi un dialogo fra sordi?

Mi tocca replicare al pamphlet scritto da Wolfi Mayr contro di me per l'articolo sulle udienze alla Grundschule Gries. Per stoppare l'invasione degli italiani serve altro
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Foto: Bild: Wikimedia

Caro Wolfgang Mayr,

ti do del tu come si usa tra giornalisti, anche se non ci conosciamo di persona. Visto che non fingo di essere democratico, ma lo sono veramente, ho dato l’ok alla pubblicazione del pamphlet che hai scritto contro di me, per l’articolo „A udienza solo chi sa il tedesco", ma consentimi di replicare. Io non so in quale parte non ho capito (linguisticamente) la lettera della dirigente della scuola di Gries, ma sarebbe penoso (parole tue) se tu a tua volta mi avessi attaccato senza capire quello che volevo dire. Non volendo sputare sentenze senza conoscerti, tenderei a pensare che magari hai letto troppo in fretta e poi ti sei fatto guidare dalla rabbia. Provo a rispiegarlo a te e a tutti coloro che hanno trovato il mio commento fuori luogo.

Fammi però dire, prima di tutto, che tra le mille cose di cui sono stato accusato nella mia carriera, mi mancava quella di essere uno che vuole rinfocolare lo scontro etnico e che fa il gioco della destra italiana. Niente male per uno che dirige l’unico medium bilingue della provincia e che ha fatto parte di TUTTI i progetti di informazione plurilingue dal 1996 in poi ed è antifascista fino al midollo. Se questo è il livello, potrei dirti con una battuta che le tue argomentazioni potrebbero ispirare benissimo un comunicato di Süd-Tiroler Freiheit o della Lega di Salvini, ma non sarò così cattivo. Lo stile per me è tutto.

Magari con calma, un giorno mi spiegherai meglio in quale punto non ho capito la lettera della direttrice, visto che l’ho ricevuta da una persona di lingua tedesca, alla quale, quella inutile specificazione sulla lingua delle udienze, ha creato un certo fastidio. Prima di proseguire, ti chiedo solo di leggerti l’intervista rilasciata da David Augscheller al Corriere dell’Alto Adige oggi, domenica 26 marzo. Augscheller, come sai, è il DIRIGENTE della scuola tedesca più invasa dagli italiani e dagli stranieri. E ti invito a leggere alcuni commenti di dirigenti di scuole italiane ad un mio post che se vuoi ti posso mandare.

Sempre che il mio tedesco sia sufficientemente buono, mi pare di capire che io avrei insinuato delle cose non vere quando dico che la direttrice vuole tenere lontani dalle udienze i genitori che non hanno padronanza del tedesco. Come mi viene in mente un retropensiero talmente fascista che indigna solo Urzì e la Lega? (ne sei sicuro sicuro?). Perché mai dovrebbe essere quello l’intento della direttrice? Un’ipotesi assurda, un’insinuazione bella e buona, dici tu.  Tanto più che la direttrice è perfino disposta a dire: portatevi una persona di supporto o richiedete un mediatore.  Se fossi in una serie tv Netflix, ti direi: Wolfgang, are you kidding me?

Mio figlio è al nono anno di scuola italiana e in nessuna convocazione è mai stato specificato che le udienze vengono fatte in italiano. Perché? Di famiglie sudtirolesi-sudtirolesi che invadono le scuole italiane, dirai tu, non ce ne sono. Ed è vero. Ma ci sono famiglie pakistane, afghane, curde in grandi quantità che arrivano con ragazzi anche di 10-12 o 15 anni.  Quindi se ho un mediatore, bene, altrimenti se sono un prof e so l’inglese a udienza parlerò l’inglese. Altrimenti si prova con i gesti, e sennò non se ne fa nulla. Se una coppia germanica iscrivesse per sbaglio il figlio nella scuola italiana io sono SICURO che nel 95% degli istituti  i prof che sanno il tedesco farebbero tutti gli sforzi per parlare con questi genitori nella loro lingua. Bravi, e che ci vuole? dirai tu, parli di UNA famiglia, mentre nelle scuole tedesche quelle italiane sono molte decine, forse centinaia. Tutto vero. Ma mettere nero su bianco “la scuola è tedesca, le udienze si fanno in tedesco, sennò chiedete un mediatore”, è un po’ alla lontana come quando quei quattro fascistoni che secondo te mi sono ideologicamente vicini negli anni '80 dicevano: “Siamo in Italia, si parla in italiano”.

IO NON HO MAI PENSATO, NE’ DETTO NE’ SCRITTO che i genitori di lingua italiana che mandano i figli alla scuola tedesca hanno il diritto di fare le udienze in italiano. Copio incollo da me stesso: “Se un prof di lingua tedesca ha problemi con l'italiano, per carità, ci sta che non debba provare lui, imbarazzo. Ma perché mettere le mani avanti per l'intero corpo docente? Se tra questi insegnanti c’è qualche anima pia plurilingue e disposta a venire incontro ad un genitore che magari sa l’italiano e il pakistano ma poco tedesco, perché far sentire il genitore una nullità con una lettera del genere?”.

Dicendo questo farei il gioco della destra? La società è di per sé complessa, e quella sudtirolese-altoatesina è più complessa di molte altre. Ci sono tre culture ufficiali e qualche decina di altre culture di cittadini migranti. I genitori non hanno diritto di scegliere la lingua con cui rapportarsi con l’istituzione (mai pensato diversamente), ma la scuola ha IL DOVERE di rispondere alla complessità evitando di dare risposte semplici e manichee a situazioni che richiedono un approccio complesso e possibilmente inclusivo.                                                                            

E’ una questione di priorità. “Nella mia scuola la priorità, anche nel dialogo con i genitori, è la comunicazione funzionante”, dice Augscheller sul Corriere. Questo, santo cielo, è l’approccio che mi aspetterei da una scuola italiana o tedesca nel Sudtirolo del 2023 e dalle persone di buona volontà che vivono in questa terra. Sono inconsapevolmente fascista? Può essere (mentre gli stessi dubbi non li puoi avere per Augscheller, spero!) La priorità, per me, non dovrebbe essere mettere il paletto del tedesco e far intervenire mediatori anche se i prof dell’alunno sanno l’italiano (o altre lingue). La priorità è comunicare con i genitori. E ribadisco: ci sono molte famiglie mistilingui nelle quali il coniuge non sa a sufficienza l’altra lingua e magari è quel genitore ad essere libero per poter andare ad udienza. Chiamiamo il traduttore anche se i prof sanno l’italiano? Are you fucking kidding me, Wolfgang?

Se una persona non ha il minimo di empatia per capire che questo è un atteggiamento inutilmente escludente, allora qui la comprensione linguistica non c’entra. C'è qualcosa di fondo su cui non ci intendiamo, che però per me ha a che fare con i grandi valori a cui ispiro tutta la mia vita pubblica e privata. Dal momento che ti so democratico, i tuoi toni devo dire che mi hanno molto sorpreso.

Io, pur avendo fatto sciroppare a mio figlio centinaia di ore di cartoni in lingua tedesca nei suoi primi 5 anni di vita, non l’ho neppure iscritto alle sezioni cosiddette “bilingui” della scuola italiana. E credo che non l’avrei neppure iscritto a una scuola plurilingue, se qualcuno avesse mai pensato di crearne una. La cosa per me tragicomica nell’essere trattato come un Walscher con tendenze fascistoidi è che le mie scelte personali sono dovute al fatto che condivido al cento per cento quello che dice Achammer sulla responsabilità dei genitori nel seguire i figli a scuola e, per non fare forzature penso che manderò mio figlio all'estero il tempo che gli sarà necessario per sapere perfettamente il tedesco e l'inglese.

Qualche tempo fa una coppia bolzanina di lingua italiana mi raccontò questo episodio: la loro figlia sedicenne, che dalla materna frequentava scuole tedesche, durante il classico litigio genitori-adolescenti esplose, dicendo: “Voi italiani siete tutti uguali …”.

Ma poi tu, Wolfgang, che sei una persona indubbiamente intelligente e colta, hai guidato la redazione del medium oggi più importante in Sudtirolo, ti sei mai chiesto PERCHE’ gli italiani invadono le scuole tedesche? Finché il mondo di lingua tedesca non prova a ragionare su questa semplice domanda non si fa mezzo passo in avanti. E dopo averci ragionato astrattamente, Wolfgang, dovresti provare a chiederti cosa comporti questa scelta concretamente. Che sono poi le ragioni per cui non mi è neanche mai sfiorata l’idea di mandare mio figlio alla scuola tedesca.

In un editoriale che mi è stato chiesto dal quotidiano trentino Il T ho raccontato questo aneddoto.                                                    

Qualche tempo fa una coppia bolzanina di lingua italiana mi raccontò questo episodio: la loro figlia sedicenne, che dalla materna frequentava scuole tedesche, durante il classico litigio genitori-adolescenti esplose, dicendo: “Voi italiani siete tutti uguali …”. Voi italiani. Lei, ormai, giustamente, si sentiva a tutti gli effetti sudtirolese di lingua tedesca. Ogni volta che mi immagino la scena, mettendomi nei panni dei genitori, il senso di frustrazione è sempre lo stesso. Questa, infatti, è una delle mille conseguenze non volute di un sistema autonomistico basato sulla rigida divisione dei gruppi linguistici. Non sono ammessi transfughi, e se ci sono, il sistema si incasina, come dimostra il nostro dialogo tra sordi. In questo caso l’episodio fa capire come persone del gruppo minoritario e privo di radici nel territorio, quello italiano, siano disposte a far crescere i propri figli nell’”altra cultura”, pur di avere la sensazione che nella vita possano giocare in Serie A.

Tutto questo è esattamente il contrario di una scelta fascistoide. E’ una rinuncia totale, disperata, a vivere la propria identità: come dire, avete vinto, ci arrendiamo.

Questo è il punto. Da un lato queste persone del gruppo italiano cercano una comoda scorciatoia per cui, nella versione moderna dell’homo homini lupus, può essere comprensibile che la scuola tedesca decida di usare qualsiasi mezzo per mettere dei filtri ma “a fin di bene, eh”. Ma d’altro canto questi ragazzi nati italiani, arrivati alla maturità, saranno a tutti gli effetti entrati in una cultura diversa da quella dei genitori, parleranno il dialetto, che è l’UNICA chiave per integrarsi veramente in questa terra, ascolteranno la musica che ascoltano i loro coetanei e leggeranno i libri dei loro coetanei di lingua tedesca e si iscriveranno serenamente ad Innsbruck. E tutto questo, perdonami, ma è esattamente il contrario di una scelta fascistoide. E’ una rinuncia totale, disperata, a vivere la propria identità: come dire, avete vinto, ci arrendiamo, assimilateci voi. Da un certo punto di vista è una scelta quasi commovente. E’ frutto di un sacco di sentimenti e idee che io non condivido, ma se una coppia italiana è così incosciente da essere pronta a far vivere al proprio figlio anni orribili, con una fatica di integrazione mostruosa, non capendo bene cosa il figlio fa a scuola, devo solo bullizzarla o cerco anche di modificare qualcosa nel sistema d’istruzione per evitare una scelta tanto disperata? E per questi disperati, dirai tu, mio figlio deve ritardare l’apprendimento e un prof deve sforzarsi di parlare in italiano, e non possiamo dire: la scuola è tedesca, punto? No, accidenti, io sostengo esattamente il contrario. Il SISTEMA deve dare una risposta diversa.

Nelle scuole della mia zona, i bimbi partono con un minimo di 9 ORE di (e in) lingua tedesca alla settimana e una quantità enorme di bimbi ormai ne fa DODICI.

La scuola italiana ha fatto finora tutto quello che poteva (con una strategia che ho criticato almeno in una ventina di articoli), riempiendo il percorso di studi di migliaia di ore di tedesco. Nelle scuole della mia zona, i bimbi partono con un minimo di 9 ORE di (e in) lingua tedesca alla settimana e una quantità enorme di bimbi ormai ne fa DODICI. Dodici. Alla settimana. Ciononostante i ragazzi arrivano alla quinta superiore che sanno meglio il tedesco rispetto alla mia generazione ma sono LONTANISSIMI dall’essere bilingui. Questi Walschen sono tutti deficienti e svogliati? Non credo. Il fatto è che per molti italiani tutto questo non basta. Come rispondiamo a questa esigenza? L’unico modo per imparare una lingua è usarla nella vita, con i propri coetanei, uscire insieme, andare al cinema... Come può avvenire oggi una cosa del genere con due sistemi del tutto separati e con la assoluta predominanza del dialetto sudtirolese nelle relazioni sociali? Può avvenire solo con il “salto” nell’altra scuola e rinunciando del tutto alla propria cultura. E se questa scelta, che per me è folle, la fanno solo gli italiani è perché sono dei fascisti invasori o perché per gli italiani il tedesco è INDISPENSABILE per lo sbocco lavorativo di gran lunga più importante e cioè quello nel pubblico impiego, mentre l’italiano non lo è per la gran parte dei ragazzi di lingua tedesca? E così si spiega perché in molte sezioni delle scuole elementari italiane si fanno 12 ore di tedesco, mentre in quelle tedesche si parte addirittura con più ore di religione che di italiano (una), ragione per cui i ragazzi italiani di città conoscono forse tendenzialmente un po’ meglio il tedesco di quanto i loro coetanei che vivono in periferia conoscano l’italiano.

Non si può pensare di risolvere il problema alzando muri o colpevolizzando chi è perfino disposto a “perdere” culturalmente il proprio figlio nella speranza di dargli un futuro migliore.

La mia tirata contro la direttrice della scuola e contro l’SVP (partito che SENZA DUBBIO rispolvera questo tema ad ogni tornata elettorale) è dovuta unicamente a lanciare un messaggio. E cioè: in una situazione come questa non potete pensare di risolvere il problema alzando muri o colpevolizzando chi è perfino disposto a “perdere” culturalmente il proprio figlio nella speranza di dargli un futuro migliore. Il problema di fondo è che, come direbbero in Spagna, la Stella alpina vuole seguire la messa e suonare anche le campane (giusto per evitare il modo di dire ultra sessista “avere la botte piena …”). Una società complessa come quella sudtirolese DEVE provare soluzioni alternative. Io, ribadisco, mio figlio non l’avrei mandato, ma sono abbastanza convinto che se si provasse ad adottare un modello ladino con qualche correzione, o un sistema che prenda qualche spunto dalla scuola bilingue in Baviera, con due diverse “curvature”, parecchie famiglie italiane eviterebbero di invadere le scuole tedesche. A quel punto, con questo tipo di offerta AGGIUNTIVA ai due sistemi, per me sarebbe corretto fare un esame di ingresso tipo patentino A. Così forse le coppie italiane eviterebbero di spingere i loro figli nell’acqua gelata ancora prima che imparino a nuotare, e si risparmierebbero un sacco di traumi e di rallentamenti didattici per i bimbi di madrelingua tedesca. Sarebbe un’offerta in più, un tentativo di risolvere quello che è indubbiamente un problema. Wolfgang, se queste per te sono posizioni di destra che rinfocolano l’odio etnico, allora non solo parliamo lingue diverse, abbiamo riferimenti valoriali antitetici. Entrambi fascistoidi a loro modo, a questo punto.

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Lollo Rosso So., 26.03.2023 - 21:54

Hätten Sie doch bis Montag mit ihrer Replik gewartet, Herr Gobbato, so wie angekündigt! Mit Wut schreibt es sich nicht gut. Hier gibt es einige Missverständnisse auf beiden Seiten, so scheint es mir, die eines klärenden Gesprächs bedürfen. Aber bitte kein ethnisches Ping Pong jetzt auf Salto.

So., 26.03.2023 - 21:54 Permalink
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Evelin Grenier So., 26.03.2023 - 22:41

1. Mettere per iscritto la regola "nella scuola tedesca le udienze sono in tedesco" non significa vietare al singolo docente di scegliere di comunicare anche in altre lingue qualora questo si senta a suo agio nel farlo.
Semplicemente viene data la libertà al docente che non si sente all'altezza col suo italiano di esprimersi in tedesco. Il genitore italiano resta comunque libero di rispondere in italiano.

2. Immergersi in una cultura diversa da quella di casa significa avere una possibilità di arricchire la propria persona. Non sono d'accordo col dire che stando a contatto con una cultura diversa si perde la propria. Quando la ragazza dice ai genitori "ragionate com degli italiani" sottolinea il fatto che lei conosce benissimo la cultura italiana ed è proprio per questo che lei, essendosi immersa in una seconda cultura ha la possibilità, per sé, di scegliere di fare suo quello che le piace di questa cultura e magari criticare alcuni aspetti della sua cultura di origine che reputa forse non più compatibili con il suo modo di vedere la vita.
Ma può benissimo trattarsi anche solo di un classico scontro generazionale : i giovani la sanno sempre meglio dei genitori. Una cosa presente in tutte le culture :-).

So., 26.03.2023 - 22:41 Permalink
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Lollo Rosso So., 26.03.2023 - 23:23

Che tristezza avere un' atteggiamento cosi negativo. C'é molto, ma molto da fare ancora, se italiani hanno paura di perdere la loro identità nel Sudtirolo e riguardano la convivenza una battaglia che deve essere "vinta". Per fortuna, i giovani sono piú disposti ad evolversi.

So., 26.03.2023 - 23:23 Permalink
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Unterhofer Jakob Mo., 27.03.2023 - 00:04

Ich finde diese ständige Opferhaltung unausstehlich. Und interessant finde ich, dass sich die italienische Linke von der italienischen Rechten nicht minimal unterscheidet. Beschwerden und als Opfer darstellen.

Mo., 27.03.2023 - 00:04 Permalink
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Josef Fulterer Mo., 27.03.2023 - 07:30

Schon erstaunlich, dass ein vor hundert Jahren "von einem Gwissen-losen Diktator der Bevölkung auferlegtes System, obwohl längst im Sand verlaufen," von politischen unbedarften und unter-belichteten Möchte-Gernern, noch immer "für ihre Einfalls-losen politischen Einpeitschereien missbraucht werden."

Mo., 27.03.2023 - 07:30 Permalink
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Peter Gasser Mo., 27.03.2023 - 09:05

Zitat: „ Ma poi tu, Wolfgang, che sei una persona indubbiamente intelligente e colta, hai guidato la redazione del medium oggi più importante in Sudtirolo, ti sei mai chiesto PERCHE’ gli italiani invadono le scuole tedesche?“
Dass es daran liegt, dass die deutschen Schulen besser funktionieren, darauf kommen Sie nicht? Dass man in den deutschen Schulen angemessen die italienische Sprache lernt, dass die italienische Schule es aber offensichtlich nicht schafft, die deutsche Sprache zu vermitteln? Dass ein ungarische Kellnerin nach 2 Jahren recht gut deutsch spricht, ein italienischsprachiger Maturant aber nicht mithalten kann?
Dass vielleicht auch der gesamtdeutsche (D, A, CH) Arbeitsmarkt im Fokus der Entscheidung liegt?
.
Man ist es einfach Leid, ständig diese ethnische Karte zu hören... wir leben leidlich 2- und 3-sprachig zufrieden und friedlich in diesem schönen Land, kann man es dabei nicht belassen...
Auch mit deutscher Muttersprache lebe ich damit, dass es keine deutschen Beipackzettel bei Medikamenten gibt, der Facharzt im Spital doch lieber italienisch mit mir spricht, in einer Runde mit 9 Deutschsprachigen und 1em Italienischsprachigen selbstredend italienisch gesprochen wird, ich den
Polizisten oder Finanzer doch besser auf italienisch anspreche und das amtliche (übersetzte) Deutsch oft einfach zum Kotzen ist, wenn man etwas Sprachgefühl hat und die Grammatik kennt.
Aber: lamentiere ich deswegen ständig, jammere und gehe in die Opferrolle? Mitnichten, das ist es nicht wert! Dazu ist das Land und das Leben hier einfach zu schön.
Wer das nicht sehen kann: der hat und da liegt das Problem im Auge des Betrachters.
Slava Ukraini.

Mo., 27.03.2023 - 09:05 Permalink
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Verena Agostini Mo., 27.03.2023 - 11:12

Antwort auf von Peter Gasser

Il problema non è "negli occhi di chi guarda", ma in chi dall'alto del suo privilegio ha il prosciutto sugli occhi. Le scuole tedesche non vengono invase perchè sono scuole migliori, ma per le ragioni ben spiegate dal giornalista. La lingua per essere imparata va vissuta. Il tedesco (abbrevio per semplificare "la persona di madrelingua tedesca" e viceversa) impara l'italiano a scuola e ha la possibilità di praticarlo ovunque, mentre l'italiano impara il tedesco Hochdeutsch e quando esce non lo sente da NESSUNA parte. Ovunque viene parlato il dialetto. E' anche per questo che in una situazione mista si preferisce l'italiano, perché i tedeschi preferiscono l'italiano al Hochdeutsch e perché solitamente l'italiano non parla bene nemmeno il Hochdeutsch, per la ragione suddetta). Per le stesse ragioni, la cameriera straniera lanciata ed immersa nel mondo sudtirolese, imparerà velocemente il dialetto. Perché lo vive. Cosa che non capita all'italiano nel quotidiano, a causa di questa divisione, perpetrata per interessi politici e di potere.

Mo., 27.03.2023 - 11:12 Permalink
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Objektiver Beo… Mo., 27.03.2023 - 11:47

Antwort auf von Verena Agostini

Stimmt nur zum Teil. Es gibt genügend Dörfer in Südtirol, in welcher man die italienische Sprache nicht in seiner Freizeit praktizieren kann. Viele absolvieren ihre Sommerjobs außerhalb der südtiroler Landesgrenzen in italienischen Betrieben, um genau dieses Manko zu kompensieren. Ich sage nicht, dass Sie Unrecht haben, aber man sollte sich auch selbst auf die Nase greifen, bevor man mit dem Finger auf die Anderen zeigt.

Mo., 27.03.2023 - 11:47 Permalink
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Verena Agostini Mo., 27.03.2023 - 12:06

Antwort auf von Objektiver Beo…

Beh questo è chiaro, se non c'è la possibilità nei paesini di praticare la lingua, si fa fatica ad impararla. La differenza (e qui rimane lo SVANTAGGIO DI FONDO) è che se la persona di madrelingua tedesca si sposta in Italia per imparare meglio l'italiano, una volta tornata nel paesino potrà comunicare con i suoi conterranei altoatesini italiani allo stesso livello, sentendosi a proprio agio. Il discorso al contrario non funziona, perché anche andando in Germania a imparare il tedesco, una volta tornati ci si scontra comunque con il dialetto. Se pensiamo alla realtà in cui c'è mescolanza (quindi non al paesino, ma alle città), in cui ci sarebbe la possibilità di praticare la lingua, troviamo sempre lo svantaggio per il gruppo linguistico italiano, mentre il madrelingua tedesco ha la possibilità di praticare la lingua così come la impara. Oltre alla questione dialetto, c'è un'evidente volontà di divisione (scuole, associazioni sportive/musicali, perfino croce rossa e croce bianca,...).

Mo., 27.03.2023 - 12:06 Permalink
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pérvasion Mo., 27.03.2023 - 12:48

Antwort auf von Verena Agostini

Der Dialekt ist eine bequeme Ausrede und — meiner Meinung nach — nicht viel mehr als das. Mit dem Problem, dass bei Kontakten zwischen den Gruppen fast immer die Staatssprache durchsetzt, haben nämlich so gut wie alle Minderheiten- und minorisierten Sprachen zu kämpfen, ganz unabhängig vom Vorhandensein eines Dialekts. Es braucht konkrete Gegenmaßnahmen und Sensibilisierung, um dies zu ändern (aber eben nicht die Stigmatisierung des Dialekts).

Wenn man tatsächlich ins »Ausland« geht, um die deutsche Sprache auch fürs Leben in Südtirol zu lernen — also für den Austausch mit den Nachbarn im Lande —, sollte man vielleicht einen Aufenthalt in Nord-/Osttirol, im restlichen Österreich oder zumindest im süddeutschen Raum mit Ausnahme der Großstädte ins Auge fassen. Dort ist die sprachliche Situation, auf die deutsche Sprache bezogen, ähnlich wie hier und dennoch kann man nicht in Versuchung geraten, sich hauptsächlich auf Italienisch zu unterhalten.

Mo., 27.03.2023 - 12:48 Permalink
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Verena Agostini Mo., 27.03.2023 - 13:11

Antwort auf von pérvasion

Io non ho l'obiettivo di stigmatizzare il dialetto in sé, ma vorrei solo riportare lo sbilanciamento che ne deriva. Non so a quali lingue minoritarie si riferisca (cioè a quali esempi Lei stia pensando), ma nel caso di una lingua, rispetto ad un dialetto, c'è la possibilità di studiarla a scuola e sui libri. A me sembra che la lingua di Stato prevalga solo nella situazione in cui nel gruppo si trova un italiano che non parla il dialetto sudtirolese, altrimenti si parlerebbe tranquillamente dialetto sudtirolese. L'italiano è percepito più "vicino" rispetto al Hochdeutsch. Diciamo che fa più strano in queste situazioni tirare fuori il Hochdeutsch, da entrambe le parti. Perché è come se fosse la lingua di un altro posto, nessuno dei due gruppi la "sente", perché non la vive. Quindi no, non la ritengo una "bequeme Ausrede".

Mo., 27.03.2023 - 13:11 Permalink
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pérvasion Mo., 27.03.2023 - 22:52

Antwort auf von Verena Agostini

Es gibt sogar ein europäisches Projekt, das Minderheiten dabei unterstützen und dafür sensibilisieren soll, nicht vorauseilend in die Mehrheitssprache zu wechseln: https://listen-europe.eu/

Mit Dialekt hat das nichts zu tun, sondern mit anerzogener Unterwürfigkeit und Minderwertigkeitskomplexen (die auch von Texten wie den, den wir hier kommentieren, gefördert werden…).

Mo., 27.03.2023 - 22:52 Permalink
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Peter Gasser Mo., 27.03.2023 - 13:26

Antwort auf von Verena Agostini

Sie tun irgendwie so und zumindest lese ich dies doch heraus, als sei eine Mundart (Dialekt) nur in Südtirol vorhanden und dieser eine Bosheit gegenüber den italienischmuttersprachlichen Mitbürgern.
Dem ist aber nicht so, und wenn ein Trentiner einen seiner vielen Dialekte sprechen darf und auch ein Piemontese oder Bergamasker, ein Sarde und Calabrese, dann doch bitte auch ein Südtiroler.
Ich verstehe auch einen Preussen, Schweizer, Schwaben, Bayern, Waldviertler oder Steiermärker, mit etwas gutem Willen.
.
Mir erscheint diese Diskussion um die Mundart künstlich; instrumentalisiert für politische oder nazionalgesinnte Zwecke.
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Eine sprachliche Minderheit ohne Schutz im Mehrheitsstaat verliert sich und verschwindet, so zeigt es die Geschichte.

Mo., 27.03.2023 - 13:26 Permalink
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Verena Agostini Mo., 27.03.2023 - 14:50

Antwort auf von Peter Gasser

Il paragone col i dialetti italiani non ha senso, perché non vengono usati ovunque, in qualsiasi contesto, anzi. Inoltre la situazione sociale è decisamente diversa.
Io penso che la strumentalizzazione ai fini di mantenere potere e privilegi ci sia eccome, dall'altra parte. La situazione è stata spiegata più volte (solo alcuni esempi https://www.salto.bz/it/article/01082020/il-bilinguismo-impossibile
https://www.salto.bz/it/article/03102022/title
https://www.salto.bz/it/article/26032023/la-retorica-del-bilinguismo). Ma non c'è peggior sordo di chi non vuol sentire. Vi auguro una buona giornata. Saluti

Mo., 27.03.2023 - 14:50 Permalink
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Peter Gasser Mo., 27.03.2023 - 15:51

Antwort auf von Verena Agostini

Sie zeigen ein seltsames „Gesicht“:
- wer Ihre Ansicht nicht teilt ist „peggior sordo di chi non vuol sentire“... sehr autoritär und intolerant, so meine ich;
- Zitat: „Il paragone col i dialetti italiani non ha senso, perché non vengono usati ovunque...“ ach, was die einen dürfen (italiani), dürfen die anderen nicht...? Sie bestätigen eindrucksvoll, wie nötig und immer wieder nötig der Schutz der Schwachen und der Minderheiten ist.

Mo., 27.03.2023 - 15:51 Permalink
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Verena Agostini Mo., 27.03.2023 - 16:16

Antwort auf von Peter Gasser

Lei continua a chiedere spiegazioni quando è già stato spiegato ampiamente e chiaramente, non solo da me, ma anche negli articoli citati. Per questo dico a questo punto che NON VUOLE comprendere.
Anche il secondo punto (paragone con i dialetti italiani) è chiaro, ho detto che l'uso e il contesto sono differenti, non che non si possa avere un dialetto.
E' inutile che cerchi di screditarmi e farmi passare per quello che non sono.
In Alto Adige i "deboli e le minoranze" non sono di certo il gruppo linguistico tedesco, ma continuate a provare a raccontarcela. Scusi, ma non perdo altro tempo. Le auguro una buona giornata

Mo., 27.03.2023 - 16:16 Permalink
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Sepp.Bacher Mo., 27.03.2023 - 16:51

Antwort auf von Verena Agostini

Etwas gespiegelt bekommen, ist meistens unangenehm, Frau Agostini. Ich habe in der Kommunikation gelernt, dass man solche Feedback nicht auf die leichte Schulter nehmen soll, denn sie sind meistens der Schlüssel zum Verstehen. Es nützt nichts wenn beide dem/der Anderen das selbe vorwerfen. Haben Sie Mut zur Selbstriflexion!

Mo., 27.03.2023 - 16:51 Permalink
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Sepp.Bacher Mo., 27.03.2023 - 16:54

Antwort auf von Verena Agostini

Etwas gespiegelt bekommen, ist meistens unangenehm, Frau Agostini. Ich habe in der Kommunikation gelernt, dass man solche Feedback nicht auf die leichte Schulter nehmen soll, denn sie sind meistens der Schlüssel zum Verstehen. Es nützt nichts wenn beide dem/der Anderen das selbe vorwerfen. Haben Sie Mut zur Selbstriflexion!

Mo., 27.03.2023 - 16:54 Permalink
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Sepp.Bacher Mo., 27.03.2023 - 16:57

Antwort auf von Verena Agostini

Etwas gespiegelt bekommen, ist meistens unangenehm, Frau Agostini. Ich habe in der Kommunikation gelernt, dass man solche Feedback nicht auf die leichte Schulter nehmen soll, denn sie sind meistens der Schlüssel zum Verstehen. Es nützt nichts wenn beide dem/der Anderen das selbe vorwerfen. Haben Sie Mut zur Selbstriflexion!

Mo., 27.03.2023 - 16:57 Permalink
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Sepp.Bacher Mo., 27.03.2023 - 17:57

Antwort auf von Verena Agostini

Etwas gespiegelt bekommen, ist meistens unangenehm, Frau Agostini. Ich habe in der Kommunikation gelernt, dass man solche Feedbacks nicht auf die leichte Schulter nehmen soll, denn sie sind meistens der Schlüssel zum Verstehen. Es nützt nichts wenn beide dem/der Anderen das selbe vorwerfen. Haben Sie Mut zur Selbstriflexion!

Mo., 27.03.2023 - 17:57 Permalink
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rotaderga Mo., 27.03.2023 - 13:16

Antwort auf von Verena Agostini

Ma va?
I red Dialekt , dialetto del Trentin und Südtirolerisch. Ober für Leit deren Kulturkreis um die Italienischn Viertl in Boazn endet versteah i, dass es riesige Identitätsprobleme sein. Meine Nochkommenschaft redet mehrere europäische Sprochn und Dialekte. I glab weil i den Respekt für ondre Kulturen vorgleb hon. Es braucht Willen aufeinondr zua zu gian. In dem Sinn versuachs im Dialekt, weil Dialekt spontan isch und vom Herzn kimmt. Schian Nommitog!

Mo., 27.03.2023 - 13:16 Permalink
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Verena Agostini Mo., 27.03.2023 - 10:56

Concordo. Anzi, il vittimismo dei sudtirolesi persiste in questo senso: "La comunità tedesca continuerà a sottolineare le angherie di Roma e l'”invasione italiana” per permettere a chi governa da decenni questo territorio di reggere l’urto delle proprie divisioni. Una tecnica ormai desueta utilizzata allo scopo di raggranellare per l’ennesima volta un “raccolto” sufficiente a governare per i prossimi cinque anni senza intaccare un modello ormai fuori dal tempo." cito da altro interessante articolo che potete trovare a questo link https://www.altoadigeinnovazione.it/tedeschi-contro-italiani-leterno-ri…

Mo., 27.03.2023 - 10:56 Permalink
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Verena Agostini Mo., 27.03.2023 - 11:38

Grazie per questo articolo! E' uno degli scritti migliori sul tema letti finora. Viene espresso FINALMENTE il disagio di chi è nato in questa terra e si sente straniero a casa sua. Perché io qui ci sono nata e dovrei avere le stesse possibilità di qualsiasi altro "nativo". Invece per questioni politiche e di giochi di potere gli italiani sono svantaggiati e sono come turisti a casa loro. Spesso mi capita di leggere commenti da parte dei privilegiati - anche qui - (madrelingua tedesca o bilingui per via dei genitori " misti" o perché sono andati a studiare all'estero e poi hanno fatto lo sforzo di imparare il dialetto e ci sono riusciti). I primi (famiglia tedesca o bilingue) spesso non hanno proprio coscienza del problema e sembra che vivano in un mondo parallelo; i secondi sono un po' come quegli obesi che dimagriscono con grande sforzo e finiscono per "odiare" gli obesi, per intenderci. Come da articolo, davvero pensate che gli italiani, nonostante tutte le ore di tedesco non lo imparino perché sono pigri o disinteressati? Generazioni e generazioni di pigri, ma pensa te... Questa presa in giro è davvero indignante e frustrante. Ormai è chiaro come il sole che continuare a fare le vittime dell'invasione fascista serva solo a mantenere il potere e i privilegi. Poi è stupido stupirsi del fatto che da parte della comunità italiana la risposta sia un nazionalismo di pancia. L'aggiunta di una scuola bilingue (sul serio, con professori perfettamente bilingui) mi sembra l'unica possibile soluzione. Se ne parla da 50 anni, ma non c'è la volontà perché nessuno vuole perdere i privilegi acquisiti per il bene comune, si pensa solo al proprio orticello. Forse non vedrò il cambiamento in questa vita, ma prima o poi qualche privilegio vi toccherà perderlo e vedrete che in realtà ne trarrete dei vantaggi a livello umano. La divisione/separazione non è positiva per nessuno. Il mondo avanza, cambia e prima o poi dovrete salire sul treno e uscire dal piccolo mondo in cui vi siete trincerati. Quel giorno sì ci sarà vera "convivenza felice", perché ora non esiste.

Mo., 27.03.2023 - 11:38 Permalink
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Peter Gasser Mo., 27.03.2023 - 13:37

Antwort auf von Verena Agostini

Würden Sie mir erklären, über welche Privilegien ich im italienischen Staat in der autonomen Provinz Bozen verfüge gegenüber einem Trientner der in Trient lebt oder einem Sarden auf Sardinien?
.
Und auf welches dieser eventuellen „Privilegien“ ich verzichten müsste?
.
Worin sind Sie mehr benachteiligt als ich?

Mo., 27.03.2023 - 13:37 Permalink
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Peter Gasser Mo., 27.03.2023 - 15:56

Antwort auf von Verena Agostini

Wie oben zeigen Sie ein seltsames Verhalten;
Wie oben verweigern Sie die Argumentation (vielleicht haben Sie einfach keine Argumente?).
.
Ich hatte sehr wohl und sehr aufmerksam gelesen, und gerade deshalb sind meine Fragen entstanden:
ich wiederhole gerne und bitte höflich, dass Sie sich Zeit nehmen und auf meine Fragen argumentativ und inhaltlich eingehen:
also:
„ Würden Sie mir erklären, über welche Privilegien ich im italienischen Staat in der autonomen Provinz Bozen verfüge gegenüber einem Trientner der in Trient lebt oder einem Sarden auf Sardinien?
Und auf welches dieser eventuellen „Privilegien“ ich verzichten müsste?
Worin sind Sie mehr benachteiligt als ich?“
.
Ich bitte Sie höflich darum.

Mo., 27.03.2023 - 15:56 Permalink
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Christian I Di., 28.03.2023 - 13:55

Antwort auf von Verena Agostini

Ha ragione Gasser, anch'io faccio fatica a capire...
Anch'io sono nato qui, ho DOVUTO/POTUTO imparare DUE lingue e mi trovo bene in questa provincia. Non capisco questo, scusi il termine un po' forte, piangersi addosso di una parte della popolazione che vive un certo disagio abitando in questa provincia. E' nella natura delle cose che se non si conosce la lingua del posto si farà più fatica nella vita quotidiana. E per me rimane un mistero come una persona che nasca e cresca in questa provincia non parli le due lingue del posto. Che la politica scolastica abbia fallito è ormai noto a tutti, tranne che ai politici direttamente interessati. Ma basta un po' di buona volontà e credo che si possa benissimo imparare le lingue. La frase "qui siamo in Italia" non la posso più sentire, anche perchè è solo una parte della verità: ci si dimentica volentieri della storia passata!!

Di., 28.03.2023 - 13:55 Permalink
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Christian I Mo., 27.03.2023 - 14:01

Antwort auf von Verena Agostini

Interessante il termine "nativi", perchè dei VERI nativi di queste zone, i ladini, ci si dimentica sempre. Eppure proprio loro potrebbero essere un buon esempio di bi- e trilinguismo per questa terra.
E poi parlando di lingue e dialetti mi viene sempre in mente la mia esperienza padovana: quelli nati "un po' più in giù" di Padova (definiamoli così) erano Italiani anche loro, ma di "convivenza felice" tra nordisti e sudisti non vi era neanche ombra... Eppure, ripeto, erano Italiani anche loro!

Mo., 27.03.2023 - 14:01 Permalink
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Unterhofer Jakob Mo., 27.03.2023 - 13:12

Lieber Herr Marcon, sie werden es nicht glauben, aber sie ist mir sehr wohl bekannt.
Ich bleibe allerdings dabei: mit dem Finger auf andere zeigen wird nicht viel bringen und führt bestimmt zu keiner Lösung.

Mo., 27.03.2023 - 13:12 Permalink
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Profil für Benutzer △rtim post
△rtim post Mo., 27.03.2023 - 15:23

Die eigentliche Kernfrage, die sich nicht nur Arno Tribus in der Neuen Südtiroler Tageszeitung aufgrund der aktuellen Situation stellen, ist, ob eine Klasse ohne deutschsprachige Schüler noch eine Minderheitenschule ist bzw. wie kann das Recht auf muttersprachlichen Unterricht und Niveau gewährleistet werden.
Andere, so auch O. Peterlini, machen konkrete Lösungsvorschläge.
Aber nein. In Umkehrung machen Urzii bis Gobbato daraus wieder einmal mehr einen medialen psychopolitische Trigger des “disagio” (ein Klima des Unmuts), wofür wieder einmal mehr andere bzw. hier die dt. Minderheit herzuhalten haben. Erinnert an die Mentalitätsgeschichte der 1980er Jahre in Südtirol mit der wütenden Verlustunfähigkeit, aufgrund einer gewissen Dekolonialisation Südtirols durch die Umsetzung des 2. Autonomiestatuts (1972) und den damit einhergehenden Previlegienverlust, die Zumutung bzw. den Unmut den (kulturell anderen) Mitmenschen wertschätzend in ihrer Sprache und Kultur zu begegnen...
Mittlerweile haben wir 2023. Da reicht Italienisch völlig aus, um zu kommunizieren, was selbst it. Schulführungskräfte in Bozen unlängst bedauerten, weil dadurch die Motivation, die andere Landessprache zu lernen und wertzuschätzen, noch mehr abnimmt.

Mo., 27.03.2023 - 15:23 Permalink
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Sepp.Bacher Mo., 27.03.2023 - 16:40

Antwort auf von △rtim post

Für die alltägliche Kommunikation mag Italienisch ausreichen, für den Erwerb eines guten Arbeitsplatzes in Diensteleistungsberufen aber nicht. Entweder wird das in der Schule nicht ausreichend vermittelt, oder die Sicherheit, dass man in Italien nicht zwingend die deutsche Sprache beherrschen muss, wirkt unbewusst so stark, so dass man sich keine zusätzlichen Mühen antun will.

Mo., 27.03.2023 - 16:40 Permalink
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△rtim post Di., 28.03.2023 - 10:48

Antwort auf von Sepp.Bacher

Die Eltern der Schüler-innen, die ihre Kinder heute an dt. Minderheitenschulen einschreiben, wurden ja noch in einer anderen Schule und Wirklichkeit sozialisiert. Die Sprachrealität in Bozen, Meran, aber z.B. auch im Unterland, ist mittlerweile eine andere. Italienisch reicht völlig. Früher war es im Umgang mit Kunden selbstverständlich, dass man dessen Sprache sprach. Auch auf Deutsch. Zumal Südtirol ein Tourismusland ist.
Heute kommuniziert selbst Bozens Burgermeister auf seiner Facebook-Seite nur auf Italienisch, gleichwohl er ja Bürgermeister aller Bozner-innen sein will/soll. An diesen Realitäten ändert auch wenig, dass es in Südtirol nicht schadet auch die deutsche Landessprache zu beherrschen oder dass Mehrsprachigkeit und ihr Mehrwert in Reden beschworen wird. Die Notwendigkeit aber Deutsch zu können, wie z.B. noch vor 20 Jahren, besteht heute eben nicht mehr. Da haben die it. Schulführungskräfte mit ihrem Befund doch völlig recht. Selbst an dt. mittelständischen Firmen ist nur noch Italienisch Betriebssprache. Medien berichteten darüber.
Selbst wer im öffentlichen Dienst mit einem Anliegen weiterkommen will, verzichtet lieber gleich auf sein Recht auf Gebrauch der dt. Sprache.
Man sieht auch hier. Sprache im umfassenderen Sinne ist eine Form gesellschaftlichen Handelns. Natürlich auch des (kulturellen) Verhandelns. Die Bedeutung des Sprachunterricht ist Simmulation, Probehandeln. Dieses findet, egal in welche Schulform, in einem geschützten Raum statt.

Di., 28.03.2023 - 10:48 Permalink
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△rtim post Mi., 29.03.2023 - 09:43

Antwort auf von Sepp.Bacher

Wie ich bereits oben angeführt habe: Die Eltern der Schüler-innen, die ihre Kinder heute an dt. Minderheitenschulen einschreiben, wurden ja noch in einer anderen Schule und Wirklichkeit sozialisiert.
Damals galt die Kenntnis der deutschen Landessprache als Voraussetzung für den Arbeitsmarkt ... Die Entscheidung der Eltern heute ist natürlich auch durch eigene (negative) Lernerfahrungen geprägt. Deutsch als Zweitsprache an it. Schulen erleb(t)en viele als defizitär. Es wurde Deutsch fast so wie Latein unterrichtet, mit Grammatik, Übersetzung usw.

Mi., 29.03.2023 - 09:43 Permalink
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Sepp.Bacher Mi., 29.03.2023 - 10:25

Antwort auf von △rtim post

Nachdem die südtiroler Wirtschaft zum größeren Teil aus Dienstleistungen verschiedenster Art besteht, wird der Arbeitsmarkt nach wie vor Zwei- und Mehrsprachigkeit voraussetzen! (Tourismus, Berufe in der Sanität und Altenpflege, Kinderbetreuung und Kindererzeihung, Schule, Universität, Berusausbildung, Verwaltung und kaufmännische Tätigkeiten, Mangement, Freiberuf, Polizeiwesen, Versicherung, Dienstleistungshandwerk, z.B. Reparatur, usw.)

Mi., 29.03.2023 - 10:25 Permalink
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Re El Mo., 27.03.2023 - 17:39

vielleicht noch ein vergleich jenseits der landesgrenzen, habe in beiden ländern gelebt:
BE: 3 Landessprachen
BE: deutsch- bzw flämischsprachige, die französisch sprechen: sehr viele
CH: 4 Landessprachen
CH: italienisch- bzw französischsprachige, die deutsch sprechen: sehr wenige
Alles nur ZUFALL? oder doch ZUFAUL?

Mo., 27.03.2023 - 17:39 Permalink
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m s Mo., 27.03.2023 - 20:14

Vorausgeschickt, dass ich die Argumentation von Herrn Gobbato nicht nachvollziehen kann, ja sie in weiten Zeilen sogar abstrus finde, so braucht es vielleicht tatsächlich mehr Fingerspitzengefühl indem man ab und zu auf den Dialekt verzichtet und vor allem bei öffentlichen Veranstaltungen oder ofiziellen Anlässen sollte sowieso mehr/nur die Hochsprache verwendet werden. Als Zuseher des SRF kann es nämlich schon sehr nerven wenn in Sendungen ausschliesslich Schweizerdeutsch in jeglicher couleur gesprochen wird, da switche ich auch oft lieber auf ein anderes Programm da es mir zu mühselig zum Zuhören ist. Gut wäre es da wenn man, in einem Gespräch z.b., auch darauf hingewiesen wird, dass man lieber in Hochdeutsch kommuniziert oder die Hochsprache lernen will. Da glaube ich würden die Allermeisten problemlos und gerne umschwenken. Es braucht allerdings ein wenig Mut dazu und fürs Sprachenlernen "bisogna buttarsi", vor allem und gerade auch außerhalb des Schulbereichs also im tatsächlichen Leben. Eine Sprache lernt und verfeinert man am besten im alltäglichen Umgang. Oft allerdings, das muss ich leider feststellen, habe ich den Eindruck man will nur und ausschließlich in italienischer Sprache kommunizieren und basta. Das betrifft sehr oft auch Bereiche die eigentlich zur Zweisprachigkeit verpflichtet wären oder man einfach nur Kunde/Käufer ist. Ob dafür Chauvinismus, mangelnde Sensibilität, Unsicherheit, mangelnde Kenntnisse oder der gefühlte disagio Grund ist, keine Ahnung, es macht aber keinen guten Eindruck.

Mo., 27.03.2023 - 20:14 Permalink
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Sergio Piaia Mo., 27.03.2023 - 22:15

Una cosa mi incuriosisce davvero: l’autore si sforza evidentemente di non apparire nazionalista o destroide, eppure parla liberamente di genitori che “perdono culturalmente” i propri figli iscrivendoli nel sistema scolastico tedesco e proclama addirittura “folle” la scelta di quelli che, così facendo, "rinunciano del tutto alla propria cultura”. Se fossi in una serie tv Netflix, direi: Let’s call a spade a spade!

Mo., 27.03.2023 - 22:15 Permalink